Inventato in RAI nel 2003, grande successo in Mai dire domenica, fucina di ilarità, Cetto LaQualunque torna per la terza volta al cinema.
Antonio Albanese scrive con Pietro Guerrera, Giulio Manfredonia dirige il terzo capitolo sulle ambizioni politiche di uomo grezzo, ignorante, spudorato, che grazie al sostegno di un gruppetto di amici, forse peggio di lui, è riuscito a farsi strada negli affari e nella politica. Eco di tanti politicanti, il personaggio splendidamente inventato dal sensibile, garbato, grande comico Antonio Albanese con il tempo è diventato un moderato perché fin troppo sovente la realtà ha superato le sue iperboli comiche.
Dopo Qualunquemente del 2010 e Tutto Tutto Niente Niente del 2012, l’imprenditore calabrese corrotto, un cafone ai limiti dell’analfabetismo, disprezza la natura, la democrazia, ama le donne (nel senso di più donne contemporaneamente), sempre al grido di “se ci dovessimo occupare di legalità, qui sarebbe la paralisi” e “più pilu e cemento armato” torna in Italia. Dopo aver fatto finire in galera il figlio Milo al suo posto, Cetto si è rifugiato in Germania, dove ha dato avvio al suo giro di traffici illeciti. Sposato con una figlia piccola, torna in Italia perché una sua zia sta morendo. Sul letto di morte, la donna gli rivela che lui è un discendente dei Borboni, legittimo erede al trono delle Due Sicilie.
Ci vuole un attimo e Cetto, insieme al suo branco di amici, e alcuni nobili in attesa che torni il re, inizia il suo percorso per ricostituzione della monarchia e del regno delle Due Calabrie con il nome di Cetto Primo Buffo delle due Calabrie.
Del resto un’idea come un’altra, un’idea di min**ia nel periodo giusto, per dirla alla Cetto. Perché no. Mentre il figlio Melo è stato eletto sindaco del paesello in Calabria, giovane che lavora in base ai sondaggi sui internet, pancia a terra, Cetto pensa a matrimoni di stato, riconoscimenti papali, insomma… inizia a riscrivere la storia.
Antonio Albanese ha sempre detto di fare film comici, non satirici, ma è difficile non leggere tra le righe riferimenti alla situazione politica/sociale attuale. Se il primo film era puramente comico, si ride molto di pancia, il secondo era sì comico, ma quel comico che fa indossare la malinconia allo spettatore perché inevitabilmente non poteva non fare un parallelismo con lo sfacelo della politica. La sceneggiatura è meno riuscita, alcune parti sono troppo frettolose, la fine è tronca (non basta l’esilarante canzone finale Io sono il re scritta e interpretata da Albanese con Gué Pequeno a voler svolgere una conclusione).
Un film più di sketch che di narrativa, resta comunque uno specchio efficace di quella che è la situazione politica odierna, fatta spesso di gente improvvisata. E l’elettore insoddisfatto perché non dovrebbe abbandonare la democrazia per la monarchia? Ecco che arriva Cetto con la sua arroganza e il suo esibizionismo svincolato dalla morale.
Insomma l’uomo ignorante al momento giusto.
In questo Albanese e Guerrera sono riusciti a modellare l’esercizio del potere assoluto su Cetto.
Insomma, si ride, anche amaramente, senzadubbiamente.
Nazione: Italia
Anno: 2019
Genere: Commedia
Durata:
Regia: Giulio Manfredonia
Cast: Antonio Albanese, Paola Lavini, Katsiaryna Shulha, Gianfelice Imparato, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Caterina Shulha, Davide Giordano, Maria Rosaria Russo, Manfredi Saavedra, Cesare Capitani, Giacomo Lorenzi, Guido Roncalli, Aurora Quattrocchi
Produzione: Wildside, Fandango
Distribuzione: Vision Distribution
Data di uscita: 21 Novembre 2019 (cinema)