Si chiama Diciannove, come l’età del suo giovane protagonista, il film che Giovanni Tortorici porta a Venezia 81 in concorso Orizzonti, con quello che segna il suo esordio alla regia di un lungometraggio. Il diciannovenne in questione, Leonardo, interpretato da Manfredi Marini, a sua volta esordiente, è uno studente che viene presentato come svogliato e un po’ goffo, che parte da Palermo per raggiungere la sorella a Londra e studiare business. Appurato che quella del business non è la sua strada, con un galoppante spirito volitivo, Leonardo abbandona Londra per tornare in Italia dopo essersi iscritto, piuttosto d’impulso, all’Università di Siena per studiare letteratura. Ma anche lì i problemi si affacciano presto all’orizzonte, tra una vita sociale latitante e un professore che proprio non sa tenere il passo con la passione (un po’ ossessiva) di Leonardo per la letteratura italiana duecentesca. Seguendo le sue regole e dedicandosi a uno studio davvero “matto e disperatissimo”, Leonardo cerca la sua strada, seguendo le sue regole e il suo personale sistema morale.
Quello di Tortorici, anche sceneggiatore, è un esordio che parte piano, quasi controvoglia, mimando lo spirito del protagonista che seguiamo in un anno di vita in quello che è a tutti gli effetti un coming of age o, per meglio dire, un capitolo di un romanzo di formazione. Personalissimo e di stampo autobiografico, Diciannove è un film che non ha paura di osare, tanto nel linguaggio quanto nella scelta delle musiche fino all’utilizzo, a tratti un po’ pretenzioso, di inserti animati a punteggiare un racconto che dopo un avvio quasi in sordina si sviluppa diventando brillante e qua e là frenetico.
Manfredi Marini dona credibilità a un personaggio nel quale non è semplice identificarsi e pare chiare come lo scopo di Tortorici non sia quello di fare di Diciannove uno specchio in cui lo spettatore possa riflettersi e ritrovarsi, quanto piuttosto un dialogo con una parte di sé. E frenetico è anche il montaggio, a tratti sfidante, con una trama che lascia tanto di non detto, come un’evoluzione – quella del protagonista – ancora in divenire. Diciannove è un film consapevolmente sfrontato, un’opera prima interessante che si inserisce nel filone codificato del coming of age mutuandone gli stilemi e facendoli propri in un affresco composito di momenti, pulsioni e nevrosi, magari non sempre compiuto ma al quale non mancano un’impronta e una voce personale che lo distinguono dal panorama nostrano contemporaneo.