Avendo già sulle spalle svariate collaborazioni con la piattaforma Sky, Corrado Guzzanti ritorna 4 anni dopo Aniene 2 con un prodotto inaspettato. Non uno spettacolo comico, bensì una vera e propria serie tv in quattro episodi messa in scena assieme a Mattia Torre, che con Guzzanti aveva giù collaborato in Boris e Ogni maledetto Natale e a Edoardo Gabriellini, al quale affida la regia. Il nucleo dell’opera rimane lo stesso degli spettacoli televisivi e teatrali dell’artista romano: l’aspra satira contro l’Italia e gli italiani.

Il plot

Mario Bambea (Guzzanti) è un esponente di spicco dell’intellighenzia della sinistra italiana, o meglio lo era, perché da qualche anno sta vivendo un periodo di crisi. La sua popolarità ha subito un calo, anche il rapporto con la moglie si incrina e lei inizia a tradirlo con un amico di famiglia. Tornando da un convegno a notte fonda però Bambea ha un incidente automobilistico.

Si riprende dopo una sorprendentemente breve degenza in ospedale, ma la cerchia dei conoscenti pensa a questo episodio come alle conseguenze di un impulso suicida e inizia considerare l’intellettuale ormai finito, tant’è che né la moglie né gli amici lo assisteranno durante il decorso post-ospedaliero preferendo piuttosto affiancargli una badante, Dragomira.

Ma proprio per questo ignorare Bambea si accorgeranno troppo tardi che egli dopo l’incidente ha sviluppato una seconda personalità, che al risveglio lo porta a trasformarsi in Fabrizio “Bizio” Capoccetti, un comico romanaccio, sboccato, triviale e razzista.

Solo Dragomira è al corrente della situazione, che tenterà di tenere nascosta. Il segreto però è minacciato dallo straordinario successo che riscuote Bizio in primis, e dopo dai sospetti di Cinzia, assistente del titolare dell’agenzia per cui Bizio lavora, e di Muscia, comico ormai dimenticato.

La serie

Nel panorama italiano la commedia è tutto fuorché pungente. Da anni la commedia è sempre familiare e rassicurante, sia in televisione che al cinema, con poche fortunate eccezioni, come il succitato Boris. Quello che tenta di fare Guzzanti con Dov’è Mario? è portare in scena la società italiana in maniera cruda, per quello che è, facendo sì comicità, ma lasciando lo spazio necessario alla critica sociale, senza che questa risulti eccessiva o sfoci nella retorica.

La serie è un prodotto perfettamente calibrato tra satira, comicità pura e realismo

I neologismi e gli errori grammaticali di Bizio sono folli e geniali, così come i suoi ragionamenti. Perché Guzzanti recupera un elemento che appartiene più alla comicità americana che a quella nazionale, ovvero il fare riferimento costante alla cultura del tempo (cosa che Guzzanti ha sempre dimostrato di saper fare con personaggi come Vulvia, ad esempio).

Infatti, il mondo di Dov’è Mario? è lo stesso del pubblico: esistono e Ballarò nella serie esattamente come esistono nel mondo reale, e vale lo stesso principio per Floris, Travaglio e via dicendo, che hanno aggiunto un qualcosa di più alla serie accettando di fare un cameo.

Guzzanti riesce a trascendere la tradizione televisiva italiana grazie all’infinita dose di provocazioni, e non solo di Bizio. Bambea è il classico e stereotipato intellettuale di sinistra, dalla parlata forbita e piena di incisi con tanto di “r” moscia. Ma se Guzzanti da un lato mette alla berlina la figura dell’intellettuale, ormai persa secondo lui negli anni 2010, dall’altro non risparmia nemmeno la figura del populista di destra, che sarà pure non represso e fonte della maggior parte delle risate, ma si configura come l’emblema di ciò che non funziona nell’italiano in quanto persona, preferendo le urla alla discussione (senza contare che l’autore rende al meglio queste due macchiette, avendo esperienza con le tanto famose imitazioni).

Proprio questa è la più grande provocazione di Guzzanti: non fare prigionieri. Non si salva nessuno, tutti hanno qualcosa che è causa di malessere per la comunità, nessuno escluso. Senza contare che l’autore-attore, grazie al contesto entro cui è stato costruito il personaggio di Bizio, riesce a essere politicamente scorretto senza porsi problemi.

Nel suo populismo, talvolta dice anche qualcosa con la quale si può concordare, ma il colpo di genio nei monologhi comici e nei dialoghi di Bizio è che, se una battuta suscita risate, la seguente fa vergognare di aver riso alla prima, perché lo spettatore è parte integrante di Dov’è Mario, così come è parte di quel mondo che sta venendo smontato nella serie.

La politica e il finale [spoiler]

Trattandosi più di una miniserie, quasi un film lungo, più che di un effettiva serie TV, Dov’è Mario si può guardare anche dall’inizio alla fine, perché critica e comicità si intersecano senza mai annoiare, e allo stesso modo la componete surreale si inserisce nel quasi assoluto realismo voluto da Guzzanti generando situazioni interessanti o risaltando la crudezza di alcune scene (ad esempio l’assassinio di Muscia da parte di Bizio è surreale come concetto e per come si viene a creare, ma le modalità dello stesso hanno una messa in scena invidiabile anche per un thriller).

Questo realismo però trionfa nella rappresentazione che fa Guzzanti della politica: siamo lontani dalle dicotomie de Il nome del figlio o Dobbiamo parlare: in Dov’è Mario abbiamo la vera rappresentazione di destra e sinistra, non quelle degli stereotipi delle stesse.

Il finale è affine alla serie come concetto. Alla fine non è cambiato quasi niente, Bambea ha salvato la sua reputazione mettendosi paradossalmente in ridicolo: né vincitori né vinti.

Dov’è Mario offre spunti di riflessione senza essere pedante, fa ridere senza risultare gratuita, e, oltre quindi a essere un visione assolutamente interessante, è importante per come si pone nel panorama televisivo italiano.

Se negli ultimi tempi in Italia abbiamo visto qualità esplodere in alcune serie drammatiche Romanzo Criminale, Gomorra), la serie di Guzzanti proclama che forse anche la commedia italiana può essere di qualità e avere qualcosa da dire, dopo il più volte citato Boris, che Guzzanti proclama essere stato l’unico punto di riferimento per Dov’è Mario.