André (André Dussollier) è sempre stato un uomo dal carattere ingombrante, “un padre cui è impossibile dire di no” direbbe la figlia Emmanuèle (Sophie Marceau).
Dopo essere stato ricoverato per un ictus, che gli ha bloccato una parte del corpo, l’uomo consapevole delle sue condizioni chiede a Emmanuèle, per prima, coinvolgendo inevitabilmente anche l’altra figlia Pascale (Géraldine Pailhas), di aiutarlo a morire.
Non c’è shock emotivo o dolore esistenziale che le due figlie possano manifestargli per farlo desistere; André non intende vivere quel tipo di vita.
È Emmanuèle a prendere in mano la situazione, ad informarsi con il suo avvocato e chiamare una clinica in Svizzera, poiché il suicidio assistito anche in Francia è illegale.
Con la speranza che fino all’ultimo il padre possa cambiare idea, mentre il passato, l’infanzia di Emmanuèle, riaffiora, e l’atteggiamento dell’uomo continua a essere, come è sempre stato, sardonico e tragico, egoista nel suo essere incredibilmente vitale, Emmanuéle e Pascale portano su di loro, come sempre, il peso delle scelte del padre.
Tratto dal romanzo autobiografico È andato tutto bene (Einaudi, 2015) di Emmanuèle Bernheim (1955-2017), scrittrice e sceneggiatrice, collaboratrice e amica ventennale di Ozon, scritto e diretto dal regista è un film fedele allo spirito sincero, profondo e umano del romanzo.
François Ozon mantiene saldo l’equilibro del dramma famigliare (le figlie si sentono in dovere di realizzare l’ultimo desiderio del padre) su una narrazione che ha la suspense del giallo (le figlie rischiano una denuncia penale per voler aiutare il padre ad andare in Svizzera, e lo stesso piano di André è a rischio), con sprizzi di ironia da vita vissuta.
Interpretato con ammirevole sobrietà (splende di realismo la Marceau, mentre il carisma di Dussollier invade lo schermo), con personaggi secondari ben definiti ed eleganti nei loro dettagli di personalità, non è, come del resto il romanzo non è, un manifesto politico, una denuncia o critica politica, non c’è malizia.
È Andato Tutto Bene è un dramma sociale semplice, onesto e intelligente, sulle dinamiche famigliari dolorose e compassionevoli.
Emmanuèle e Pascale non sono “figlie coraggio”, sono due donne che accompagnano il padre in una sua scelta precisa e determinata, compassionevoli davanti a una seria questione di diritto umano.
È un film civile e umano che va ascoltato, soprattutto da chi lascia la sedia vuota in Senato mentre si discute un’indispensabile Legge sui trattamenti di Fine Vita.