Angèle (un’attrice di teatro che vive a Parigi), Joseph (un insegnante, pioniere della rivolta sessantottina) e Armand (l’unico che si sta occupando del ristorante di famiglia) sono tre fratelli che si riuniscono intorno al padre Maurice, che dopo un ictus ha subito danni irreversibili. Il luogo del ritrovo è quello dove sono cresciuti: una piccola baia vicino a Marsiglia. Lì Marurice li ha educati con la sua visione del mondo, con il suo progetto di un luogo di condiviso e destinato a tutti e il suo ristorante con “prezzi bassi, ma si mangia bene”.
Oasi negli anni 60, ora è tutto chiuso. Colpa dei soldi. Hanno venduto quasi tutti. Maurice ha resistito con una coppia di vicini. I tre fratelli ritrovano il loro angolo di paradiso, luogo di ispirazione, centro del mondo; e fanno i conti con quello che sono diventati e cosa resta di loro.
A fare da contraltare, a riportarli a una dimensione meno individuale e ai principi della loro infanzia ci sono la giovane fidanzata di Joseph, un simpatico pescatore della zona, un dottore e tre fratelli – due bambini e una ragazzina- che, come i protagonisti si portano dentro un mare in tempesta.
Robert Guédiguian gira a Marsiglia un film malinconico dove lo spirito militante che lo caratterizza, come regista e artista impegnato, si assopisce. Si parla di famiglia, dei bei tempi andati che forse tanto belli non lo erano, di suicidio, di giovani amori, di lasciti morali ed eredità da tramandare, di seconde e terze possibilità, di profughi, di casa, di lutti e di futuro.
Il regista affronta con grande rispetto e rigore il dolore affrontato dai suoi personaggi. E gli attori – Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, squadra preferita del regista – non stonano mai, la loro sobrietà nel mettere in scena queste vite che si perdono e si ritrovano diventa il metro di misura di tutto il film.
Ma ci sono troppe forzature e troppi temi aperti che echeggiano di retorica. Il finale fiabesco, forse premio per aver fatto pace con se stessi ed essersi chiariti tra di loro, ha una venatura di irreale.