All’indomani dell’arrivo nelle sale di Kimi no Na wa veniamo ora alla questione più dibattuta negli ultimi tempi, ovvero se Makoto Shinkai possa essere definito a ragione “il nuovo Miyazaki” e se sia in grado di portare nel panorama dell’animazione giapponese una ventata d’aria fresca paragonabile alle produzioni Ghibli. Per il momento, il responso è negativo.

In primo luogo, perché il pubblico cui le sue opere si rivolgono è estremamente settoriale. Se guardiamo per esempio a 5 cm al secondo (2007) o Il giardino delle parole (2014), entrambi incentrati su un amore giovanile complicato dalla lontananza e dall’incomunicabilità, risulta lampante che tali tematiche possono rivestire interesse soltanto per un fruitore quantomeno adolescente. Viceversa, i capolavori senza tempo di Miyazaki e Takahata, se da un lato indirizzati specificamente all’infanzia, dall’altro nella loro apparente semplicità nascondono molti più livelli interpretativi di un qualsiasi lavoro di Shinkai, risultando di conseguenza stimolanti per gli spettatori di tutte le età. Ma non è solo una questione di target.

Nonostante infatti sia ormai giunto al quarto lungometraggio, Shinkai deve ancora sviluppare una propria criticità. In Oltre le nuvole – Il luogo promessoci (2004), sua opera d’esordio, si parla per esempio di un Giappone distopico diviso tra Stati Uniti e Unione Sovietica, in competizione per la conquista di una misteriosa tecnologia. Per quanto le vite dei tre personaggi principali siano state stravolte da questa situazione, non vi è una dura presa di posizione contro il dispotismo delle superpotenze: l’unica cosa che interessa a Takuya e Hiroki è salvare l’amica Sayuri e mantenere la promessa fattale da bambini, quasi non vedessero che il vero nemico sono gli eserciti stranieri che li hanno portati a rischiare di morire e a far sì che Sayuri diventasse una cavia da laboratorio.

Makoto Shinkai
I tre protagonisti, ai tempi delle medie

Ancora, in 5 cm al secondo Takaki si strugge per la coetanea Akari, che non vede dai tempi delle elementari: ormai studente delle medie, decide di incontrarla di persona affrontando un lungo viaggio in treno ma, dopo un singolo appuntamento, la perderà ancora di vista.

Makoto Shinkai
Frame da “5 cm al secondo” (2007), ep.1 – Ōkashō

Non dissimile è il destino di Takao ne Il giardino delle parole, liceale appassionato di calzature che in un giorno di pioggia fa la conoscenza di una donna con cui entra in grande sintonia; solo più tardi scoprirà che si tratta di Yukari Yukino, professoressa del suo istituto allontanatasi dall’insegnamento a causa di episodi di bullismo. Takao riuscirà alfine a dichiararsi e Yukari lo ringrazierà per averle dato il coraggio di «tornare a camminare», ma i due non si rivedranno, scambiandosi al più qualche lettera.

Makoto Shinkai
Takao e Yukari in uno dei loro incontri

I giovani protagonisti di Shinkai, fondamentalmente statici pur nella complessità delle loro riflessioni, appaiono incapaci di prendere in tempi consoni una risoluzione efficace per stare accanto alla persona amata e di individuare le cause del loro malessere. Chi ha colpa di questo? La società giapponese contemporanea con il suo formalismo? La gioventù stessa, sempre più insicura e intimorita dal confronto? Le istituzioni che annullano l’individualità come la scuola? In tutto ciò, non ci viene data risposta né si individua un bersaglio polemico.

Paradossalmente quindi il mondo “adulto” e sentimentale di Shinkai risulta più idealizzato delle favole dello Studio Ghibli, dove invece la crescita dell’eroe genera continui attriti con la realtà circostante, conducendo inevitabilmente a una presa di posizione da parte sia degli autori che dei personaggi di fantasia. In breve, la filmografia di Shinkai manca di un’etica definita e di temi globali, indispensabili a quel tipo di cinema pedagogico che per i fondatori Isao Takahata e Hayao Miyazaki ha sempre costituito la base di ogni animazione.

Makoto Shinkai
Frame da “La tomba delle lucciole” (1988), sintesi dell’etica antimilitarista di Isao Takahata

Riconosciamo a ogni modo che tali osservazioni valgono solo in parte per your name. (2016), dove invece, come illustrato in separata sede, sussistono importanti novità che denotano una certa maturazione artistica.

Makoto Shinkai
Locandina italiana del film

Fin qui, tali argomentazioni potrebbero essere facilmente confutate dall’analisi di un altro titolo, vale a dire Viaggio verso Agartha (2011), da alcuni considerato probante in merito all’affinità tra Shinkai e Miyazaki. E in effetti a un primo esame Hoshi o ou kodomo – questo il titolo originale – sembrerebbe avere tutte le carte in regola per essere un film Ghibli. In esso si racconta di Asuna, scolara che un giorno viene aggredita da una strana creatura. A salvarla sopraggiunge Shun, un ragazzino con al collo un cristallo magico: costui le confessa di provenire da Agartha e che quell’amuleto è la chiave per accedervi. L’indomani Asuna sente menzionare nuovamente Agartha dal suo insegnante e chiede delucidazioni: si tratta di un altro mondo dove è possibile resuscitare i morti, custodito da guardiani noti come Quetzalcoatl. Appreso in seguito del suicidio di Shun, Asuna si propone di raggiungerlo insieme al professor Morisaki e Shin, fratello dell’estinto.

Makoto Shinkai
Asuna contempla l’Arca in cui riposa Dio stesso

Come si può vedere, gli elementi ci sono tutti: l’eroina femminile indipendente – Asuna è orfana di padre e la madre lavora troppo – , il suo primo ingenuo innamoramento – per Shun – , il mondo fantastico popolato di strane creature in cui la natura regna sovrana, l’ombra di una minacciosa organizzazione – gli Arcangeli – che vuole impossessarsene e l’antagonista che incarna l’egoismo della razza umana – ovvero il prof. Morisaki. Non a caso Shinkai stesso ha dichiarato di essere stato profondamente influenzato dai film di Hayao Miyazaki e in particolare da Laputa – Il castello nel cielo (1986), ma analizzando l’opera più in dettaglio il confine tra influenza e mera imitazione diventa sottilissimo.

Il character design di Takayo Nishimura – che già aveva curato in 5 cm al secondo – , sebbene non altrettanto definito, recupera fin troppi elementi dei film Ghibli: la creaturina Mimi cui s’accompagna Asuna ricorda la volpe-scoiattolo di  Nausicaä della Valle del Vento (1984); la clavis per entrare ad Agartha ha la medesima funzione e aspetto dell’aeropietra di Laputa; Shin e Shun sembrano dei giovanissimi Howl; i Quetzalcoatl rassomigliano agli dèi-bestia di Principessa Mononoke (1997), e così via. Ma la pellicola non si limita a una ripresa estetica.

Makoto Shinkai
Alcuni esempi delle analogie citate

Agartha, culla di una civiltà antichissima e un tempo superiore a tutte le altre, è stata depredata da uomini assetati di potere – da Alessandro Magno a Adolf Hitler – e accoglie ora una manciata di villaggi; l’ultimo segreto che non è stato sottratto è quello del risveglio dei morti, per attuare il quale bisogna recarsi al Portale della Vita e della Morte e contrattare con Dio il prezzo da pagare; similmente, la Laputa miyazakiana è una città fluttuante protetta da serafici guardiani di ceramica che vegliano su ruderi ormai deserti: essa però racchiude ancora conoscenze militari che fanno gola a chi sulla Terra vuole portare la guerra a un nuovo livello. Entrambe Laputa e Agartha rappresentano quindi la concretizzazione dell’aspirazione umana a dominare il creato anche nei suoi aspetti intangibili e ignoti, conseguendo una conoscenza pari a quella divina.

Makoto Shinkai
Un guardiano di Laputa, circondato dalle volpi-scoiattolo già apparse in Nausicaa

Insomma, eccezion fatta per la variazione sul tema della morte, Viaggio verso Agartha si configura più come l’omaggio di un ammiratore nel solco di una tradizione ormai estinta piuttosto che come opera originale: non a caso questo rimpasto di tematiche miyazakiane – l’animismo di stampo shintoista, l’antimilitarismo, la corruzione del cuore dell’uomo  – sarebbero state abbandonate da Shinkai di lì a poco con Someone’s Gaze (2013), cortometraggio incentrato sui rapporti familiari di una donna in carriera, in quanto evidentemente non sentiti come personali.

A questo punto, il “Fenomeno Shinkai” risulta a nostro parere aver ricevuto dalla critica e dalla distribuzione italiana – Dynit e Nexo Digital hanno già programmato l’uscita al cinema di Oltre le nuvole – Il luogo promessoci – un’attenzione spropositata, forse perché trascinate dall’entusiasmo di un fandom numerosissimo ma superficiale che ha ingigantito il pregio dell’ultima fatica del regista riabilitandone anche le opere precedenti.

E’ pur vero che, visto Kimi no Na wa, in futuro tanta fiducia potrebbe non essere malriposta.