
Quanto è importante scrivere, raccontare per una persona non vedente? L’esperienza dello scrivere è più immersiva per una persona vedente o non vedente?
Raccontare in forma orale o scritta esprime il desiderio e la necessità di comunicare con gli altri e con se stessi. E’ il bisogno di fare relazione e cercare condivisione. E’ un desiderio che ha in sé piacere e dolore, terapia e guarigione. Dunque è importante e necessario per molte persone che vedono e che non vedono.
Scrivere un racconto per me è un’esperienza immersiva che richiede concentrazione e capacità di isolamento, così da essere presente corpo e spirito nel mondo che sto vivendo e descrivendo. Le persone non vedenti possono incontrare maggiori difficoltà nell’immaginare visivamente paesaggi, oggetti e personaggi. Mentre chi vede può liberamente attingere al repertorio iconografico personale, cercando materiale o semplicemente osservando il mondo intorno a sé, per chi non vede questo è più complicato, richiede l’aiuto di un intermediario, una persona che descriva con proprietà di linguaggio tutto ciò che è fruibile solo attraverso la vista, ad esempio oggetti, costumi e tanto altro ancora.
Le persone non vedenti vanno al cinema? Seguono i film in TV? Quali emozioni provano? Come i sensi non visivi contribuiscono alla comprensione del film?
Tralasciando il periodo del cinema muto, le persone non vedenti, come altri milioni di persone, si sentono affascinate dal cinema e condividono sia le ragioni che le portano a frequentare le sale, sia il piacere e le emozioni che la pellicola trasmette loro. Nel caso specifico, il senso che aiuta nella fruizione di un film è l’udito, sempre attento a non perdersi una parola. Tutto ciò che è raccolto dall’orecchio è utilissimo. La persona cieca, consapevole di perdere una parte consistente dell’opera, si attrezza come può per colmare in parte questa mancanza. Per esperienza so che alcuni registi creano film ricchi di dialoghi, quindi adatti alla mia comprensione, altri, dove prevalgono le immagini, è il caso del regista coreano Kim Ki-Duk, sono da evitare.
I doppiatori italiani sono molto bravi e quando l’abbinamento tra il timbro vocale e il personaggio interpretato dall’attore è azzeccato, davvero mi sembra di vederne il volto e le sfumature espressive mostrate dalle immagini. Le audiodescrizioni forniscono un buon supporto alla comprensione del film. E poi c’è un altro elemento non meno trascurabile di quelli citati fin qui, si tratta del “Capitale Umano” per citare un noto film, cioè la persona che siede nella poltroncina accanto, e anche qui la citazione è spontanea: “La signora della porta accanto” che io chiamo l’amica di cinema.
Cosa pensa di trasmissioni come “Il cinema alla radio” dove del film viene trasmesso solo il sonoro?
Ascoltare un film alla radio per me è come vedere un film in casa. Non sole le immagini mi mancano ma anche la sala, il buio e l’atmosfera che si crea. Queste trasmissioni in generale mi piacciono, però, quando in un tempo limitato si trasmettono frammenti di una pellicola dalla durata di 120 minuti e che io non ho vista, mi sento un po’ frustrata. Preferisco le trasmissioni che propongono un’intervista al regista perché questa conversazione mi sarà d’aiuto alla comprensione dell’opera.
“Invito al Desiderio”, perché questo titolo per i suoi racconti?
La parola desiderio evoca emozioni molto diverse. Noi siamo esseri desideranti. Il desiderio ci accompagna lungo tutto l’arco della vita, si trasforma con noi e con il nostro contesto. Si forma nell’inconscio e poi cerca una strada per affiorare. Il sogno è una dimensione privilegiata per lasciar esprimere il desiderio e dal sogno al cinema, come racconta Fellini parlando della sua psicoanalisi, il passo è breve. Nel libro il desiderio è l’anello che unisce due storie di viaggio molto diverse tra loro che raccontano con la scrittura, la trasformazione dei dati della percezione non visiva in immagini di città, ambienti e personaggi. Questo materiale prende forma sulla carta come lo scorrere delle immagini sullo schermo. Scrivere e godere di una pellicola richiedono ad una persona non vedente molta immaginazione e intuizione per cogliere i segni lanciati dal regista, i frammenti di realtà raccolti nelle forme più varie e tessuti insieme a disegnare una scena, a scrivere una pagina, a comporre una storia.
Ci parli dei suoi laboratori sensoriali
Si tratta di esperienze sensoriali ludico-educative che hanno lo scopo di far scoprire alle persone di ogni età le potenziali possibilità dei sensi non visivi. I laboratori sono nati durante la mia esperienza alla mostra permanente “Dialogo nel Buio” allestita presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, caratterizzata da un complesso percorso al buio ricco di stimolazioni non visive. E come nella sala cinematografica l’oscurità assoluta amplifica la sensorialità non visiva e nello schermo della mente fa partire il primo ciak.