Presentata oggi a Ca’ Giustinian The Laboratory of the Future, la 18. Mostra Internazionale di Architettura. Come di consueto, la mostra si svilupperà lungo gli storici spazi veneziani dei Giardini e dell’Arsenale e vedrà il coinvolgimento di Forte Marghera a Mestre. Saranno presenti 89 partecipanti all’interno della mostra principale e 63 padiglioni nazionali, non è ancora pervenuta la partecipazione dell’Ucraina.
Nel suo breve intervento il Presidente Roberto Cicutto dichiara che “l’Architettura si è affermata come la disciplina che può e deve dare delle risposte ai bisogni dell’umanità”, è dunque richiesta una prova di responsabilità e consapevolezza. In questa 18. edizione, che parte dall’Africa – continente di origine della curatrice, si cercherà di capire come affrontare il futuro. Le tematiche al centro del dibattito saranno la decolonizzazione e decarbonizzazione (tema caro alla Fondazione La Biennale che, proprio per il suo impegno nel campo della neutralità carbonica, ha ricevuto un importante riconoscimento nel 2022).
“What does it mean to be an agent of change?” – “Cosa significa essere un agente di cambiamento?” Così inizia la presentazione di Lesley Lokko, la curatrice della prossima Biennale di Architettura, una mostra che prende in prestito la struttura e lo spazio dalla mostra d’arte, ma ben si differenzia da essa. Infatti, oltre a narrare una storia, l’architettura tiene in considerazione importanti aspetti tecnici – come risorse, competenze, processi di produzione – per cui la mostra non è “solo” il risultato finale, ma anche il suo processo di creazione.
Lokko annuncia con entusiasmo che per la prima volta al centro del dibattito vi sarà l’Africa e la diaspora africana. Una miriade di diverse esperienze, spesso intrecciate tra loro, provenienti da questo grande continente andranno a interagire con voci da tutto il mondo. Attraverso questo caleidoscopio di idee, il cui strumento più importante resta l’immaginazione, si vuole superare o meglio colmare l’incompletezza di una storia dell’architettura che ha “sempre parlato una sola lingua”. Un arduo compito per questa mostra, che viene concepita come palco e motore di un cambiamento e proprio per questo necessaria.
Le esposizioni – prosegue la curatrice: “costituiscono un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono. Ciò che diciamo pubblicamente è fondamentale, perché è il terreno su cui si costruisce il cambiamento, sia a piccoli che a grandi passi”.
Metà dei partecipanti di The Laboratory of the Future proviene dall’Africa, l’età media è di 43 anni e per la prima volta la maggior parte rappresenta studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone. La curatrice spiega inoltre che la mostra si suddivide in sei sezioni: Force Majeure, Dangerous Liaisons, Special projects, Guests from the Future, College, Carnival.
Force Majeure > al Padiglione Centrale ai Giardini espongono 16 studi, che rappresentano un’istantanea dell’architettura contemporanea africana e della diaspora africana. I “practitioners” sono Adjaye Associates, Atelier Masōmī , Basis, Cave_Bureau, Hood Design Studio, Ibrahim Mahama, Kéré Architecture, Koffi and Diabaté Architects, MASS Design Group, Olalekan Jeyifous, Studiolab@PSU, Studio Sean Canty, Sumayya Vally and Moad Musbahi, Thandi Loewenson, Theaster Gates Studio, Urban American City. Purtroppo non partecipa Doreen Adengo, scomparsa prematuramente l’anno scorso.
Dangerous Liaisons > alle Corderie dell’Arsenale partecipano 37 studi provenienti da tutto il mondo, intenti a sviluppare progetti multidisciplinari che travalicano i confini dell’architettura. Si tratta di Gloria Cabral, Liam Young, Suzanne Dhaliwal, Huda Tayob, Killing Architects, MMA Design Studio, Kate Otten Architects, Office 24-7 Architecture and Lemon Pebble Architects, Wolff Architects, White Arkitekter, BDR bureau & carton123 architecten, Flores & Prats Architects and Andrés Jaque / Office for Political Innovation, Gbolade Design Studio, Studio Barnes, Le laboratoire d’Architecture, RMA Architects, Neri&Hu Design and Research Office, ZAO/standardarchitecture, Grandeza Studio, Ursula Biemann, Gloria Cabral, Paulo Tavares, Studio Barnes, orizzontale, SCAPE Landscape Architecture, Studio of Serge Attukwei Clottey, Twenty Nine Studio, Low Design Office, AMAA Collaborative Architecture, DAAR – Alessandro Petti and Sandi Hilal, David Wengrow and Eyal Weizman with Forensic Architecture and Nebelivka project. Di questa sezione fa parte anche una grande installazione di Emmanuel Pratt che sarà fruibile a Forte Marghera.
Interessante notare che Lokko si riferisce ai partecipanti “come ‘practitioners’ e non come ‘architetti’, ‘urbanisti’, ‘designer’, ‘architetti del paesaggio’, ‘ingegneri’ o ‘accademici’, perché riteniamo che le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine architetto”.
Special projects > una sezione di progetti fuori concorso selezionati dalla curatrice e dal suo team, prevede 33 partecipanti impegnati attorno alle seguenti tematiche: cibo, agricoltura, cambiamento climatico – Geografia e Genere – Mnemonica.
Guests from the Future > quasi a proseguimento della sezione precedente, 22 giovani ospiti espongono il loro punto di vista in merito alle due tematiche principali della mostra: la decolonizzazione e la decarbonizzazione, tra essi si potrebbe delineare l’architetto del futuro.
Inoltre negli spazi dell’arsenale sono previste tre partecipazioni speciali: il regista Amos Gitaï, il primo poeta laureato in architettura Rhael ‘LionHeart’ Cape, Hon FRIBA e il fotografo James Morris.
College > l’attività di college è prevista per la prima volta per il settore di Architettura. Si traduce in un “campus” guidato dalla curatrice e 15 tutor, che aiuterà – secondo Cicutto – a “comprendere i doveri dell’architettura contemporanea e capire come trasmetterli”.
Carnival > è previsto un ciclo di incontri, dibattiti pubblici, film e performance i cui dettagli saranno svelati in apertura di mostra. Il carnevale è stato scelto dalla curatrice perché è un momento di svago, ma anche di liberazione, per la comunità africana così come nella tradizione veneziana e italiana.
Infine Lesley Lokko conclude l’intervento introducendo la genesi del progetto grafico selezionato per l’esposizione del 2023, creato dallo studio Die Ateljee – Fred Swart ispirandosi ancora una volta all’Africa, al suo colore e alle sue lotte sociali. Un progetto che ingloba il leone di Venezia e della Biennale per sottolineare ancora una volta il ruolo che la cultura deve avere nel riconoscimento dei diritti.
L’ultimo intervento di Tristram Hunt presenta il padiglione del Victoria & Albert Museum di Londra, che prosegue la sua collaborazione con l’istituzione veneziana con una mostra dedicata al Modernismo tropicale: Architettura e Potere in Africa occidentale .
La Biennale di Venezia
18. Mostra Internazionale di Architettura
Venezia, Giardini e Arsenale, 20 maggio > 26 novembre 2023
Ritratto di Lesley Lokko in copertina: Photo Andrea Avezzu. Courtesy La Biennale di Venezia.