Lontano da tutto, guardando il mare. Qualche libro, la routine della piccola spiaggia sotto casa e la giusta distanza dalle malinconie del presente e dalle pericolose sirene di un passato ancora da elaborare. Erano questi i piani di Leda Caruso (una sempre intensa e convincente Olivia Colman), professoressa di letteratura italiana comparata a Cambridge, per una rigenerante vacanza mediterranea da trascorrere sull’isola greca di Spetses. 

Ma l’equilibrio balneare del buen retiro si incrina quasi subito, quando sulla stessa riservata insenatura cala una famiglia grecoamericana pronta a occupare rumorosamente la spiaggia. Una convivenza pacifica sembra da subito impossibile, nonostante Leda non riesca a distogliere lo sguardo dal rapporto intenso tra Nina (Dakota Johnson), una giovane madre del gruppo, e la figlia, un legame che giorno dopo giorno riapre nell’accademica vecchie ferite e nuovi, destabilizzanti pensieri.

Dalle pagine del romanzo breve di Elena Ferrante La figlia oscura all’esordio dietro la macchina da presa di Maggie Gyllenhaal, The Lost Daughter prosegue l’esplorazione del rapporto tra madri e figlie, genitori e famiglie, libertà e responsabilità nel contesto ancora fortemente patriarcale della società occidentale. Può una madre perseguire la realizzazione della propria vocazione professionale senza essere accusata di trascurare i figli, così come accade per gli uomini? Qual è il peso di una decisione così difficile? Ma soprattutto, le donne hanno una vera possibilità di scelta?

La regista rimane incollata ai protagonisti della vicenda imprigionandoli in un circuito scorsoio destinato a precipitare man mano che l’atmosfera si carica di dubbi del passato e conflitti del presente. A rivelare l’origine delle reazioni controverse di Leda di fronte all’amore filiale, alle tenerezze tra Nina e sua figlia, intervengono alcuni strutturati flashback in cui vediamo gli inizi difficili della brillante carriera di Leda, sempre più frustrata dall’impossibilità di coniugare in maniera soddisfacente la ricerca accademica e la quotidianità con le due figlie piccole.

In un corto circuito temporale ed esistenziale, Leda torna a essere a sua volta madre e figlia, vittima e carnefice di se stessa in un mondo così reale da poter essere affrontato solo evitando la scure livellatrice del giudizio.