Ci sono voluti anni, sofferenze, grandi azzardi e grandissime delusioni, ma ora la Mostra del Cinema di Venezia può quasi definitivamente liberarsi di sipari posticci, recinti oscuranti e “petali di fico”, per mostrarsi oggi in una veste non solo dignitosa, ma persino elegante.
Se il nero sta bene con tutto, con il bianco non si sbaglia mai. Soprattutto se si tratta di esaltare l’architettura razionalista degli edifici storici dell’area del festival. Coperto finalmente il famigerato Buco, superato l’horror vacui della terra senza nome (e ora senza amianto) che lo ospitava, ripavimentato il piazzale di fronte al Casinò con abbagliante e candido marmo e liberata la facciata storica del Palazzo del Cinema – che comunque nasconde quella originale del Quagliata – ecco che il nuovo look architettonico della Mostra del Cinema sembra aver trovato compimento.
Certo in attesa dei lavori di restauro del Casinò e del ripristino degli spazi dell’Hotel Des Bains, possiamo dire che il piano B fortemente voluto dal presidente Baratta ha avuto successo. Dopo l’ennesimo buco nell’acqua – quello del nuovo, lussuoso Palacinema – prima promesso e poi affondato prima di cominciare, la strategia barattiana di rivitalizzare e restaurare i vecchi spazi, arricchendoli con piccole, grandi novità di anno in anno (vedi il “Cubo rosso Biennale” e, quest’anno, i meravigliosi spazi del Lazzaretto Vecchio dedicati alla Realtà Virtuale), si è dimostrata non solo lungimirante, ma anche efficace.
Ora la scenografia dei Red Carpet è (quasi) nature, la luminosa facciata originale impreziosita solo da alcune sfere di vetro, segno della simbolica necessità di rivelare la Mostra del Cinema per quello che è: un’intramontabile signora di bianco vestita.