Allestito in un cortile del carcere Le Vallette di Torino, lo spettacolo “Ho visto Suzanne” è stato realizzato dai detenuti della VI sezione del padiglione A della Casa Circondariale Lorusso e Cotugno.
Dal 18 al 22 giugno un pubblico di persone ‘libere’ ha potuto assistere ad una rappresentazione a dire poco suggestiva: i carcerati hanno messo in scena le proprie riflessioni, risultato di mesi di confronti e prove, intorno al testo della canzone ‘Suzanne’ di Leonard Cohen, tradotta da Fabrizio de Andrè.
Sostenuti da un accompagnamento musicale dal vivo, con piccole scenette divertenti e a volte amare, hanno dimostrato un talento formidabile e una voglia sincera di comunicare, commuovere, gridare. Una “chiacchiera teatrale”, come la definisce il regista Claudio Montagna che ha messo a disposizione di questo evento dodici anni di esperienza di laboratori teatrali dentro la prigione, che colpisce profondamente, grazie anche ad un supporto video curato da Davide Ferrario. Si entra, per così dire, nell’atmosfera attraverso una lunga serie di controlli e di corridoi con le finestre basse e si rimane atterriti dalla leggerezza e autoironia di persone che vivono ogni giorno reclusi.
I personaggi si fanno avanti a turno, a coppie o da soli, sul tappeto rosso che solca il cemento, chiamati da una specie di ‘allenatore’ che da un ring li invita a lottare per trovare ‘Suzanne’. Chi è terrorizzato, chi si illude di non averne bisogno, tutti in qualche misura mentono per riuscire a scansare la fatica che realtà comporta. Guardando gli attori e applaudendo, è doloroso immaginare che cosa li abbia portati fino a lì. E per un momento ci si scorda tutto e si ascoltano solo le loro domande, le loro gag, le loro voci – dal piemontese marcato al marocchino, al siculo -.
Difficile trarre insegnamenti o conclusioni da un’esperienza pari a questa; il merito di un progetto del genere è, in ogni caso, quello di scoperchiare una realtà che altrimenti resta al buio e soffocata nelle coscienze di chi vive in libertà. Uscendo dal banco denso delle mille parole d’amore e di sofferenza, speranza e paura sulla misteriosa, imprendibile Su zanne, ci si sente trasformati, ci si interroga davvero sui temi più importanti della vita: la colpa, il perdono, l’espiazione, la solidarietà, la convivenza civile.
Il laboratorio e la parte teatrale dello spettacolo sono stati curati, insieme al regista, dall’associazione C.A.S.T. Gli interventi musicali sono eseguiti da Diego Vasserot alla tromba e al piano, Alessandro Raganella alle percussioni, Andrea Serra alla chitarra, Simone Arlorio al clarinetto e al sax, Valentina Ruberti alla voce. Per chi volesse saperne di più sullo spettacolo e approfondire questi argomenti è attivo un sito che fornisce anche un servizio on-line di comunicazione tra i carcerati e la società ideato, realizzato e gestito da Simone Natale, Matteo De Simone e Hermes Del grosso. E’ anche attivo un blog su cui si possono lasciare i messaggi che vengono poi recapitati ai detenuti: a questo indirizzo: http://www.ilcontesto.org/dentroefuori/.