“Il mondo senza di me” di Marco Mancassola

"Nessuno ha il dovere di amarci"

Il mondo senza di me è il primo romanzo pubblicato di Marco Mancassola.
Ci parla, in una prosa scorrevole e toccante, di una Padova in cui a settembre fa già freddo: un freddo penetrante, che non passa neanche in casa; un freddo che, con la neve che cade in autunno, diventa metafora della solitudine di Ale, studente ventunenne, e di Ettore, il suo compagno d’appartamento omosessuale.

Le loro vite sono rette parallele, si sfiorano senza mai davvero incontrarsi: i due, pur vivendo situazioni molto simili, non riescono a trovare un contatto; ognuno vive il suo dramma senza accorgersi di quello dell’altro.
Quest’incomunicabilità si traduce nella divisione del libro in due parti che non trovano un momento di sintesi, ma costituiscono una l’evoluzione dell’altra.

Nella prima Ale racconta una storia fatta di perdite: la morte dei genitori, avvenuta quand’era bambino; il crollo dei punti di riferimento dovuto alla separazione fra suo fratello Matteo e Manuela, che insieme si erano presi cura di lui dopo la disgrazia.
A volte si ha l’impressione che il dolore sia una frana che travolge ogni appiglio; in questo libro è così: alla perdita della famiglia segue l’abbandono da parte degli amici, tutti.
Vanessa decide di non vedere più Ale, Roby vorrebbe lasciare l’Italia senza dirglielo perché ha paura della sua della sua fragilità, e non vuole farsene carico.

Nella seconda parte del libro, in cui Ettore narra come in un diario il suo viaggio ad Amsterdam, troviamo il tentativo di crescere nonostante la mancanza di protezione ed il sentimento di solitudine, acuito dalla coscienza che “nessuno ha il dovere di amarci”.
Maestro di vita per Ettore sarà Coro: un uomo morente, con la sapienza che deriva dal distacco da una vita che lo abbandona. “…Ci sono due tipi di felicità- dice Coro-: la felicità di quando si dimentica di essere soli, la felicità di quando si riesce a stare bene, pur coscienti della solitudine”.

L’impossibilità di raggiungere gli altri è superata solo provvisoriamente: nella ricerca di un’esaltazione orgiastica, di un’unione mistica con gli altri ottenuta attraverso la musica e le droghe; nell’affetto per gli amici, quelli che entrano nella nostra vita e si fermano per un poco, quelli che sono costretti a lasciarci a causa della malattia e della morte.

Davanti al letto d’ospedale dell’amico Cees Ettore sente forte il dramma della sua vita, di ogni vita: la nostra solitudine è insuperabile, si muore soli come soli si è vissuti. “C’è solo distacco, illusione di vicinanza, mani che si sfiorano e forse si stringono, ma non possono fondersi in una sola”; eppure non possiamo fare a meno di cercare ancora, in un’altalena di fiducia e disperazione, di abbattere il muro che ci divide. Lo sforzo di superarlo, il nostro tendere alla comunione sono il solo senso, l’unica catarsi possibile: “Il mondo dovrà sapere- esclama Ettore- Io non posso restare solo!”

Piccola biblioteca Oscar Mondadori