“La Traviata” al Teatro Verdi di Padova

L'opera in scena a Padova

In cartellone il 27 e il 29 dicembre 2015, il nuovo allestimento de La Traviata al Teatro Verdi di Padova si è dimostrato uno spettacolo solido, attraversato da una tensione palpabile tra desiderio d’innovare e rispetto della tradizione. Il buon livello artistico di cantanti e musicisti ha portato equilibrio nella “battaglia” tra i due volti di questa produzione, facendo sì che al centro dello spettacolo stesse sempre con fermezza la tragedia di Violetta Valéry e la sua naturale potenza drammatica.

Sarebbe ingiusto, infatti, lasciare che questa Traviata “faccia notizia” solo per l’espediente ampiamente “chiacchierato” con cui si è aperto il Finale dell’Atto Secondo: la comparsa di danzatrici a seno nudo, in un gruppo misto che comprendeva anche ballerini di sesso maschile (dal petto sempre scoperto), alle prese con una tormentata coreografia d’ispirazione decisamente moderna, a cura di Nicoletta Cabassi, sulle note dei cori delle “Zingarelle” e dei “Mattadori Spagnuoli”. Il gusto contemporaneo di un simile espediente era comunque in sintonia con l’impostazione registica data da Paolo Giani, che ha letto Alfredo e Violetta come viveur d’oggi, pronti a sollevare «i lieti calici» dopo essersi versati da bere al bancone di un patinato lounge bar, direttamente da un cocktail shaker. Si potrebbe discutere sull’efficacia del messaggio veicolato dal numero di danza, nella sua esibizione di corpi tutti magrissimi e pallidi, dove ogni possibile concessione all’erotismo svaniva tra contrazioni e spasmi improvvisi — forse un simbolo del destino malato verso cui era incamminata la cortigiana Violetta —; ma sarebbe probabilmente sbagliato rileggere quel singolo episodio come come sineddoche del senso complessivo dello spettacolo.

Il segno artistico più interessante, nella recita del 29 dicembre, è in realtà venuto dall’intesa drammaturgica e musicale fra i tre protagonisti. Eloquente il caso del tenore Paolo Fanale, noto per un esuberante video di grande successo in internet, in cui lo si vede cantare con t-shirt e tatuaggio ben in vista. Fanale non ha portato nulla di questa “appariscente” fama in scena, dando invece vita a un Alfredo nobile e dolente, eppure vigoroso. La sua era un’energia trattenuta, quasi imbrigliata dal contegno rispettabile richiesto dalle convenzioni sociali, nonostante le passioni tumultuose che lo agitavano. Per questo, i momenti in cui l’energia infine si liberava risultavano convincenti e sensati: nei turbolenti confronti con Germont, o nel «Qui pagata io l’ho» indirizzato a Violetta, il personaggio si abbandonava a guizzi di più aperta teatralità, ben sostenuti dalla fisicità di Fanale. Forse il suo Alfredo aveva una chiarezza di timbro vocale poco in linea con la tradizione del personaggio, ma a questo ovviava l’agio con cui il tenore si dimostrava calato nel ruolo.

Allo stesso modo, si perdonano alla soprano messicana Maria Katzarava alcune incertezze nella dizione e nella memoria del testo, a fronte di una Violetta dall’evoluzione scenica inesorabile e sincera. Verdi, è fatto noto, modellò la vocalità di Violetta in maniera coerente con la trasformazione del suo carattere, da cortigiana sfrontata a martire per amore. Katzarava ha ben reso questo itinerario drammatico, mostrando però maggior confidenza con le estremità dello stesso, ossia con la civetteria del primo atto e con la straziante passione del terzo. Non che la qualità della sua prova sia stata trascurabile, nel rendere le effusioni liriche della Violetta innamorata nel cuore dell’opera; non sono stati tuttavia quelli i momenti in cui si è espressa al meglio la versatilità della voce di Katzarava, notevolmente agile ma capace in ugual maniera di avventurarsi in registri tragici e sofferenti.

Franco Vassallo, come Germont, è stato forse il migliore in scena: la sua interpretazione, autorevole e potente, era contraltare perfetto alle frustrazioni di Alfredo e alla sofferenza crescente di Violetta. Il timbro risonante e pulito di Vassallo si stagliava nettamente nella trama sonora, diventando un punto di riferimento per l’intero assetto dello spettacolo. A tale proposito, va sottolineato anche il bel lavoro di concertazione svolto dal giovane direttore d’orchestra brasiliano Eduardo Strausser, che ha optato per un suono orchestrale controllato, mai esuberante ma nemmeno indebitamente opaco; grazie a questa scelta, nonostante qualche fuggevole “scollamento” fra palco e buca, si è apprezzato un buon amalgama tra l’interpretazione della Filarmonia Veneta, i solisti e il coro LI. VE. diretto da Dino Zambello.

Una menzione conclusiva va riservata alle scelte scenografiche, basate su un apparato rotante già visto in altre produzioni del Teatro Verdi (il Rigoletto del 2013). Paolo Giani, come già detto, ha calato la storia di Violetta nel vacuo esibizionismo sociale contemporaneo, tra locali notturni e colorato kitsch. A metà dell’opera, però, il confronto fra Violetta e Germont, con il maturare del grande «sacrifizio», faceva sfumare la scena in un’astratta moltitudine di lunghi e bianchi veli, pendenti dall’alto. Tale luminosità candida e quasi mistica rendeva per contrasto soffocante l’ambientazione scenica dell’inizio e del finale, nonostante l’esuberanza festosa dei ritrovi che venivano rappresentati. Il contrasto fra la vita esteriore di Violetta e il suo segreto soffrire veniva così tradotto in maniera efficace, senza essere didascalico in modo disturbante, e al tempo stesso giustificando gli anacronismi e gli apparenti “eccessi” presentati alla ribalta.

La Traviata
Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi

Nuovo allestimento del Comune di Padova
Teatro Verdi, Padova
29 dicembre 2015, ore 20.45

Violetta Valéry: Maria Katzarava
Alfredo Germont: Paolo Fanale
Giorgio Germont: Franco Vassallo
Flora Bervoix: Alice Marini
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Annina: Giovanna Donadini
Gastone, visconte di Letorières: Rodrigo Trosino
Barone Douphol: William Corrò
Dottor de Grenvil: Gianluca Lentini
Marchese D’Obigny: Matteo Ferrara
Giuseppe: Antonio Vitali
Un domestico di Flora: Mirko Quarello
Un Commissionario: Federico Cavarzan

Coro LI. VE.
Maestro del coro: Dino Zambello

Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Maestro concertatore e direttore d’orchestra: Eduardo Strausser

Coreografie: Nicoletta Cabassi
Regia, scene, costumi e luci: Paolo Giani