“Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa” di Ray Cooney al Franco Parenti di Milano

Il ministro e la finestra

Il titolo originale di questa farsa è Out of order (Fuori servizio): al centro della vicenda c’è infatti una finestra malfunzionante. Un ministro, anziché stare in parlamento a seguire un importante dibattito, è in una suite d’hotel, in procinto di consumare un adulterio (con la segretaria del capo dell’opposizione). Quando però i due aprono la tenda della grande finestra per ammirare il magnifico panorama sulla città scoprono un uomo: presumibilmente un ladro che, tentando di entrare nella camera, è stato colpito dalla finestra difettosa, rimanendo stecchito. Lo spettatore avvezzo ai meccanismi del vaudeville può immaginare che, malgrado le apparenze, l’uomo non sia morto, ma, per il momento, i protagonisti lo credono tale e il politico si dà da fare per nasconderne il corpo ed evitare di essere scoperto in una situazione imbarazzante. Immediatamente convoca il suo segretario e, in tal modo, dà l’avvio a una rapida escalation di bugie, equivoci e scambi di persona.

Nell’adattamento francese (Panique au Plazza) che ne fecero nel 1996 Christian Clavier e Jean-Marie Poiré venivano fatti i nomi di politici allora al centro dell’attenzione (citando il primo ministro Alain Juppé e il capo dell’opposizione Lionel Jospin). L’adattamento italiano che abbiamo visto in questi giorni al Franco Parenti di Milano si mantiene invece più sul vago in merito ai riferimento politici. Scelta che ci sembra opportuna: a Ray Cooney non interessa certo la satira. La situazione di partenza serve unicamente come pretesto per dare avvio ai meccanismi comici. E allora una troppo precisa descrizione dei personaggi è inutile e può persino risultare fuorviante. Il pretesto serve a mettere in moto il congegno, ma deve poi essere quasi dimenticato perché possa emergere la qualità “musicale” del testo, il suo ritmo.

In questo caso, la partitura di Cooney viene eseguita con notevole efficacia comica, senza cali di tensione. Impresa non facile: basta poco perché, sulla scena, un testo come questo – che si regge più sul ritmo vorticoso che sullo humour dei dialoghi – risulti fiacco, perché l’accumulo di equivoci, di frenetiche entrate e uscite diventi ripetitivo e stancante. Il regista Gianluca Guidi e parte degli attori avevano già lavorato su un’altra farsa dell’autore inglese (Chat a due piazze) e questo ne ha, evidentemente, consolidato l’affiatamento. Da segnalare, in particolare, Gianluca Ramazzotti, il quale dà una interpretazione del suo Mario Girini – l’assistente del ministro – molto più caricata, fisicamente e caratterialmente, di quella proposta anni fa da Johnny Dorelli in Se devi dire una bugia dilla grossa (Two into one), l’altra pièce di Cooney con gli stessi personaggi. Se Dorelli non poteva liberarsi dal suo innato aplomb, Ramazzotti – nei movimenti o nell’abbottonatura della giacca – conferisce al personaggio tratti più clowneschi: all’inizio ci era parsa una caratterizzazione un po’ eccessiva, come se volesse cercare troppo facili effetti comici, ma sulla distanza si è rivelata calibratissima.

Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa di Ray Cooney
Versione italiana di Luca Barcellona.
Regia Gianluca Guidi.
Con Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti, Miriam Mesturino, Ninì Salerno, Licinia Lentini e con la partecipazione di Raffaele Pisu.
Produzione Artù in coproduzione con Ente Teatro Cronaca.
Al Teatro Franco Parenti di Milano sino al 6 gennaio 2013.