“Io non sono cattivo, ho soltanto il lato oscuro un po’ pronunciato”.
Da 35 anni è in carcere. Ha totalizzato quattro ergastoli, per rapine, sequestri di persona, omicidi, e poi insurrezioni ed evasioni dal carcere.
Soffermarsi sulla sinossi, e quindi sulla biografia del bandito della Comasina, non sembra utile: molto se n’è parlato e molto si è discusso, anche sull’opportunità di questo film. La storia è sempre la stessa: dimentichiamo facilmente, per poi a sprazzi ricordare, e allora ci preoccupiamo di restituire alle nuove generazione immagini scorrette e temiamo i modelli negativi dei cattivi maestri di celluloide.
Terroristi e banditi. Hanno pagato, sono stati in carcere, a lungo, in regime di massima sicurezza. Per Vallanzasca, nel libro scritto con Carlo Bonini, i cosiddetti “braccini della morte” erano ben peggio del 41 bis.
La storia, di Renato Vallanzasca ha inizio in un quartiere periferico, ma non nell’indigenza. Cinque anni sono passati dal ‘45. I bambini giocano per strada, Milano viene ricostruita, sono gli anni del pre boom.
Un ragazzino che ha la sua banda; a scuola si ribella, non accetta la disciplina, messo in castigo è poi espulso. Ha il diavolo dentro, ma non sopporta che gli animali del circo siano costretti nelle gabbie, e una notte libera una tigre. Una buona ragione per metterlo in riformatorio.
Il pericolo dell’emulazione non sembra così prossimo, altri “eroi” possono interessare oggigiorno. Il guadagno facile ha sceneggiature ben diverse.
Il film di Michele Placido, ha il difetto di restare ancorato all’azione, agli avvenimenti, eliminando lo sfondo. Uno sfondo carico di suggestioni e di rimosso: gli anni ‘70, la contestazione degli operai e degli studenti, il femminismo, i governi democristiani e la stagione delle stragi. Sempre nel libro scritto con Bonini, Vallanzasca dichiara di essere stato avvicinato dagli ambienti dell’estrema destra romana, che lo invitano a diventarne il loro braccio armato, ma lui rifiuta e minaccia, pensando di poter tenere in scacco anche loro.
In un mondo in cui la televisione ha ancora uno spazio esiguo e un’offerta limitata, le gesta di Renato Vallanzasca diventano un feuilleton per signore, che desiderano un brutale bandito dagli occhi azzurri per scacciare la monotonia di una vita che si consuma in un tinello di formica. Per le ragazze è il principe azzurro, con quel bel po’ di maledetto che fa sognare e appaga desideri inesprimibili. E’ il guascone indomito, il male che sovrasta il bene. Criminale e bandito romantico, è l’uomo con le mani insanguinate che amava le donne, ma è anche l’uomo che ha perduto la sua vita in una prigione.
Un percorso filmico che parte da un punto di vista assolutamente dichiarato. La sceneggiatura, alla cui stesura ha collaborato Andrea Purgatori, è ispirata al già citato Vallanzasca-i fiori del male: parole in prima persona, accadimenti e riflessioni “giuntate” a sintetici passaggi di cronaca. Una verità soggettiva che nel film diventa memoria sceneggiata e action movie con molto vintage. Ma, dietro alle giuliette che cocciano nel tunnel della Stazione Centrale di Milano e oltre i night e il Bar Basso (luoghi culto della Milano degli anni ’70), quel che si staglia, evidente, è la violenza senza soluzione di continuità: quella dei criminali e quella che si consuma nelle patrie galere, ad opera di secondini manganellatori.
Placido seleziona, contrae e “mette in fila” sequenze d’azione che si alternano a quadri un po’ didascalici. Il progredire del male, le ombre, sono percepite nell’azione ma lo sono con minore attenzione nell’evoluzione psicologica del personaggio; manca quel leggere tra le righe che invece il duo Vallanzasca-Bonini offre al lettore.
Kim Rossi Stuart, è attore vero, capace di attraversare psicologie opposte, dal jazzista di Piano solo al bandito della Magliana, dal meccanico di Francesca Archibugi all’oscurità e alla violenza di Vallanzasca. Accanto a lui è Filippo Timi, corpo da schermo, fisico, potente nel bene e nel male, folle e intenso, con fragilità e dolore. Insieme duettano in una scena d’insopportabile violenza che li vede allacciati, abbracciati a morte, nel carcere di San Vittore.
Al tempo in cui guardie e ladri si affrontavano ad armi pari, in cui si entrava in una banca e si diceva questa è una rapina; all’epoca in cui le armi erano semplici pistole, non c’erano i blindati, non si telecomandava, non si intercettava o videoregistrava, in quell’epoca operava la banda Vallanzasca, era la Milano del boom economico. Una Milano oggi lontana e rimasta ormai vaga nella memoria di pochi.
Titolo originale: Vallanzasca – Gli angeli del male
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 125′
Regia: Michele Placido
Sito ufficiale: www.mymovies.it/vallanzascagliangelidelmale
Cast: Paz Vega, Kim Rossi Stuart, Filippo Timi, Moritz Bleibtreu, Valeria Solarino, Francesco Scianna
Produzione: Cosmo Production, Fox International Production (Italy), Babe Film
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita: Venezia 2010
21 Gennaio 2011