Orizzonti
Siamo al Cairo. È il giorno della finale della Coppa d’Africa di calcio fra Egitto e Camerun. In un paese di fanatici del pallone come l’Egitto la gente attende con ansia l’inizio della grande partita, specialmente nella capitale che brulica di ansia e di tensione palpabili. Seguiamo la giornata di otto personaggi, divisi in coppie di due.
Un’estetista itinerante che spaccia delle creme per il viso fatte in casa per esotici e raffinati prodotti europei e il figlio parrucchiere, un ambizioso giovane deciso ad abbandonare la bottega in cui ha imparato il mestiere per aprire un negozio tutto suo; una bellissima e popolare cantante pop, sfruttata dal suo manager e compagno e disprezzata dalla sorella minore, un’infermiera a domicilio, musulmana praticante che accusa la sorella di essere blasfema ma che, nel profondo del cuore, la invidia molto; un vecchio lavavetri sdentato, con la passione per l’hashish e le scommesse sportive e il suo nipotino, un ragazzo di vita cismediterraneo, che si arrangia come può fra mille lavoretti e furtarelli (molti dei quali ai danni del nonno); un celebre presentatore di un talk show televisivo, vittima dei demoni della droga e dell’alcool, cinico e disinteressato e la moglie, un ricca ereditiera più vecchia di lui, che corona il sogno di rimanere incinta ma viene frustrata dalla reazione
inaspettata del suo compagno. Questi otto personaggi, connessi fra loro da circostanze più o meno marginali, finiranno per scontrarsi durante la febbrile trasmissione dell’attesa partita di calcio. Il risultato, che dà il titolo al film (uno a zero), risolleva gli spiriti dei protagonisti, che per una sera lasceranno da parte rivalità e tensioni, problemi grandi e piccoli, per scendere in piazza e festeggiare il risultato finale.
Capita pochissime volte di assistere un film ideato, scritto, fotografato, montato e diretto da donne. La storia è sempre quella, evitando la pratica ipocrita del girarci intorno: il cinema, come tutte le industrie e la arti nate prima della rivoluzione culturale degli anni sessanta, è sempre stato un mondo prettamente maschile, in cui le donne hanno fin da subito spopolato davanti alla macchina da presa come simboli di bellezza e ricettacoli di divismo, ma a cui è stato, eccezion fatta per rari casi, negato l’accesso alle stanze dei bottoni. Anche oggi, in un mondo cosiddetto emancipato e ricolmo di altre tonnellate di scemenze sulla parità dei sessi finalmente raggiunta, le donne accedono alla fase produttiva in maniera marginale e, talvolta, non continuativa. E allora, con colpevole sorpresa e ancor più colpevole piacere, notiamo che l’impossibile e utopico film descritto all’inizio del paragrafo esiste e, udite udite, arriva direttamente da un paese arabo terra in cui l’emancipazione femminile non è tanto un’ipocrisia quanto una blasfemia bella e buona. E allora accogliamo questa mosca bianca con un inchino e andiamo avanti con la recensione.
Wahed-Sefr è un film a episodi sui generis, non dichiarando esplicitamente il suo essere a episodi, ma svelando progressivamente la propria natura. Gli otto protagonisti vagano per la città, indaffarati e apparentemente sereni. In realtà le tensioni covano e, molto peculiarmente, il climax emotivo, il momento di rottura degli equilibri, avviene non in conclusione, a giochi fatti, ma nel mezzo della narrazione. Da lì in poi la forza emotiva cala, o meglio: rimangono le braci sotto le ceneri, ancora calde e pronte a essere rivitalizzate ma sopite. Da notare, inoltre, l’ampio spettro umano descritto dagli otto protagonisti: abbiamo ricchi, poveri, musulmani, cristiani, donne emancipate (ma solo in apparenza) e donne frustrate dalla religione, donne angheriate dai figli e dai compagni, uomini loschi, sfruttatori, drogati e arroganti. In buona sostanza la figura maschile migliore
è quella del ragazzino che ruba e mente ma in fondo rappresenta un tipo di innocenza virile che il resto dei personaggi ha perduto da tempo. Fortunatamente fra i personaggi minori viene proposta la figura del cuoco, un ragazzo dolce che tenta di sedurre l’infermiera musulmana senza usarle violenza; per questo motivo viene mortificato e umiliato
da un poliziotto in precedenza rifiutato dalla ragazza. In generale il ritmo del film, anche per la sua struttura, si mantiene agile e ritmato, pur dimostrando qualche lacuna in fase di scrittura e fotografia. Gli interpreti, generalmente molto bravi, in alcuni tratti calcano eccessivamente la loro recitazione andando inevitabilmente sopra le righe.
Wahed-Sefr (One-Zero) di Kamla Abou Zekri –
Egitto,
Durata:105′
Elham Shahin, Nelly Karim, Ahmed El Fishawy