Boldini a Ferrara è ormai un binomio imprescindibile. La mostra, inaugurata il 15 febbraio e che si concluderà il 2 giugno 2019 a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, “Boldini e la moda”, mette in relazione le opere dell’artista con la moda.
Impregnato di cultura francese e, riconoscendosi nel baudelairiano motto “calme, lux e volupté”, Boldini diventa l’aedo di quell’universo popolato di donne bellissime, bellimbusti mantenuti da decadenti matrone che, rinnegando ogni fede in un mondo trascendente, vogliono gustare ogni attimo dell’esistenza, nel tentativo di eternare una fuggevole e breve bellezza, di conservarsi giovani e affascinanti, vittime di un illusorio patto diabolico.
Boldini, pur conoscendo l’inevitabile parabola della bellezza, usa la sua arte per fermare l’attimo fuggente, per eternare ciò che, per sua natura, è effimero. Le sue opere diventano un archetipo, un motto per definire una donna bella, raffinata ed elegante. Il soggiorno parigino di Boldini lo porta a frequentare le “maison” più à la page che, in un gioco di fecondi rimandi, gli suggerisce idee e spunti per corpi sempre più sontuosi e sfarzosi, abbondanti, che quasi ridondano di volants, ampiezze, piume, aigrettes, strascichi, scolli audaci, velati di vellutate rose finte. I volti delle donne si svelano e si nascondono dietro i ventagli ai loro cavalieri dai cappelli a tuba, le mani guantate e bastoni dall’argentea punta.
Deliziosi i bozzetti della modista e gli enormi o piccoli cappellini da cui scendono eleganti e maliziosi veli. Sono abiti evocativi che fanno pensare a convegni amorosi con sfrontate Madame Bovary ormai disinibite e pronte a tutto.
La mostra di Ferrara espone centoventi opere che offrono una panoramica unica del corpus boldiniano, un compendio iridescente di voile e chiffon, riportandoci indietro di un secolo e facendoci sognare.
Nelle pieghe sfarzose delle donne e nei loro occhi immersi nell’infinito anelito di perpetuare in eterno la loro bellezza si rispecchiano gli stili letterari dei grandi cantori: Charles Baudelaire, Henry James, Oscar Wilde, Robert de Montesquiou, Marcel Proust e Gabriele D’Annunzio. In essi l’effimero dell’incanto femmineo, della sua magia, inquinato tuttavia dal detestato sbarramento di ciò che è empirico, che non immette l’appagamento di una sensualità senza limiti.
(ha collaborato Giacomo Botteri)