Cento anni e sei mesi fa, per la precisione il 26 novembre 1922, Howard Carter illuminava con la fiamma di una candela il buio che da tre mila anni ricopriva gli ori della tomba di un faraone morto a vent’anni. Era la tomba di Tutankhamun, una delle scoperte più sensazionali dell’archeologia mondiale. Pari solo alla scoperta del tesoro di Priamo a Troia, nel 1872.
Ancora oggi il nome di quel giovane faraone, morto all’incirca nel 1317 a. C., politicamente insignificante e caso mai un reazionario (è probabile che si debba a lui l’abolizione del rivoluzionario culto “monoteista” di Aton introdotto da suo padre e la restaurazione del precedente culto di Amon) desta in noi meraviglia, emozione, mistero, curiosità: il suo nome è apparso su gioielli, whisky, sigarette, canzoni, parchi di divertimenti, cartoni animati, musical e così via. Oggi con la realtà virtuale è stato possibile ricostruire nei minimi dettagli il corredo funerario che si trovava all’interno della sua tomba e viene offerta una esperienza interattiva sensoriale di impressionante realismo.
Ma qualcosa della sua vicenda è ancora da scoprire. Ce lo racconta Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, nel suo libro “Alla ricerca di Tutankhamun” (Franco Cosimo Panini, 2023), che l’autore presenta al Salone del libro di Torino. Greco, classe 1975, uno dei più importanti egittologi viventi, ci svela che, per esempio, che nella tomba c’è ancora una parete riccamente decorata. Per sapere se dietro ci sia un’altra camera, ma senza distruggere gli affreschi, ci si deve affidare a indagini tecniche, che svolgerà il Politecnico di Torino. “L’antico Egitto è una continua fonte di scoperte e di meraviglie – rivela Greco –come scrisse più di vent’anni fa lo studioso Barry Kemp (Antico Egitto: analisi di una civiltà): viviamo ancora nell’età del bronza, tutto quello che abbiamo deriva da elementi già codificati nell’antico Egitto, che è meno morto di quanto pensiamo”.
Ma poi il direttore spiega quale sia la sua idea di Museo e di come intenda rinnovare l’Egizio di Torino: “Ingresso libero ai 950 mq del piano ipogeo e al Tempio di Ellesija (donato nel 1970 dal governo egiziano riconoscente all’Italia per il salvataggio dei tempi della Nubia, che rischiavano di essere sommersi dalle acque del lago Nasser a seguito della costruzione della diga di Assuan negli anni Sessanta); negli oltre 1000 mq del piano terreno sarà ricostruito un paesaggio egiziano che fungerà da area di visita e incontro, secondo il modello di parco archeologico e di museo come lo intendeva Aristotele, ossia come luogo di diffusione della cultura e di approfondimento della ricerca. E come lo intende la nostra Costituzione. E infine anche, ma non esclusivamente, come luogo di turismo”.
Questo direttore sa essere nel contempo un valido manager, un capace organizzatore, un profondo studioso e un avvincente divulgatore. Grazie alla sua attività – e alla collaborazione con la Presidente Evelina Christillin – il Museo Egizio di Torino sta avendo uno sviluppo e una evoluzione che ne continuano ad accrescere il prestigio scientifico a livello mondiale. Questo significa prestigio e visibilità (e guadagni) anche per la Città. Quella abitudine tramandata dagli antichi egizi della “damnatio memoriae”, oggi detta “spoiling system”, si spera che oggi non si abbatta anche su Christian Greco. Sarebbe un drammatico autolesionismo per una città che ha cercato finora di difendere le sue specificità culturali più radicate, come il Salone del Libro, che compie quest’anno 35 anni, i il Museo Egizio, che ne sta per compiere ben 200!
Christian Greco “Alla ricerca di Tutankhamun” (Franco Cosimo Panini, 2023) – Salone Internazionale del Libro di Torino, 19 maggio 2023