Presentato nella sezione Quinzainedes des Réalisateurs del 76° Festival di Cannes, Creatura, opera seconda di Elena Martín, è nato da una ricerca della regista sceneggiatrice sulla relazione tra risveglio sessuale e personalità, sulla connessione tra il desiderio e crescita intellettuale. Con l’aiuto di un terapista ha studiato i due periodi del risveglio sessuale, scoprendo che nel mezzo si trova ciò che è comunemente denominato periodo di latenza, caratterizzato da una repressione che fa mentire i nostri impulsi inattivo a causa di circostanze culturali. Questo era
la base per sviluppare Creatura.
Mila è una trentacinquenne catalana, si è appena trasferita con il suo compagno Marcel a vivere a l’Empordà, sulla Costa Brava, a casa della nonna, il luogo dove trascorreva l’estate con la sua famiglia, circondata dal mare e dalla natura, dai suoi paesaggi e suoni.
I problemi con il nuovo compagno sorgono quando la donna capisce dentro di se di aver perso il desiderio, pur desiderandolo. C’è una volontà, ma non il desiderio. Se Marcel si chiude in se stesso, Mila scoperchia le sue nevrosi.
Questa situazione la getta addosso dubbi e insicurezze, porta con sé un senso di colpa e impotenza per qualcosa che le sfugge e che va oltre ogni ragione. A questo punto la regista catalana intraprende un viaggio che scava nel passato di Mila.
Il rapporto turbolento di Mila adulta con il suo corpo e la sua sessualità è legato alle ferite e traumi della sua adolescenza e infanzia.
Proprio la casa dove Mila ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, diventa il luogo della mente dove andare alla ricerca e analizzare la sua sessualità, scavare nel suo passato e riviverlo.
La storia si sviluppa attraverso lunghi flashback, prima della quindicenne Mila che spinge i suoi limiti sessuali con ragazzi del posto e conosciuti su Internet e lotta per capire perché suo padre si tenga a distanza da lei. Poi si salta più indietro nel tempo, all’età di cinque anni, Mila si gode un’estate innocente con la sua famiglia fino a quando la sua crescente consapevolezza sessuale diventa troppo pronunciata per essere ignorata e crea un abisso tra lei e il suo amato padre, che proprio non sa come gestire il comportamento esplorativo della sua giovane figlia.
Con un’intransigenza, talvolta forzata, Elena Martín – come dicevamo – va ad esplorare le ombre di Mila. Non è un tema facile quello scelto dalla regista. Articolare i sentimenti messa in scena – non l’argomento sia chiaro – è piuttosto ostico. Il ritratto della sessualità non è facile da definire. Martín sa osservare, ma lo stile è ancora troppo farraginoso.