“Eterno visionario” è un ritratto completo della vita pubblica e privata di Luigi Pirandello, un omaggio che il regista Michele Placido, a novant’anni anni dall’assegnazione del Nobel per la letteratura, dedica al genio. Al cinema dal prossimo 7 novembre.
A vestire i panni dello scrittore vi è Fabrizio Bentivoglio, mentre Antonietta Portulano, la moglie, è interpretata da Valeria Bruni Tedeschi: proprio questa figura femminile ricopre un ruolo di primaria importanza nella scrittura dell’autore girgentino. Tramite la malattia mentale della donna, infatti, Pirandello si addentrò in prima persona nel mondo della psiche e della nevrosi – a quell’epoca in continua evoluzione grazie agli studi di Sigmund Freud – rendendo i suoi drammi, romanzi e novelle intrisi di quelle ricerche e soprattutto dell’esperienza vissuta.
Purtroppo questo aspetto non emerge in maniera prorompente nel film, che non approfondisce troppo l’aspetto letterario, ma lascia uno spazio più ampio ai rapporti tra lo scrittore ed i tre figli: Stefano, Fausto e Lietta.
Viene inoltre analizzato il conflitto interiore che attanagliò Pirandello quando conobbe Marta Abba, da lui stesso considerata una musa ispiratrice.
Il grande pregio del film è certamente il focus sulla volontà dell’autore di rappresentare, attraverso l’arte della parola, la vita vera, anche nelle sue sfumature più dolorose, e mettere a nudo l’animo dell’essere umano; l’omaggio di Placido è sentito, e il titolo ben rappresenta uno dei tanti epiteti attribuibili ad un Maestro fondamentale per storia della letteratura del Novecento.
Vista l’importanza, lo spessore e il carisma del personaggio, rappresentarlo non era certamente impresa semplice: Fabrizio Bentivoglio porta sullo schermo un Pirandello intimo e terreno – molto distante dal personaggio più mistico impersonato da Toni Servillo in “La Stranezza”- credibile in molti momenti ma in altri un po’ distante dal vero scrittore, di cui si conoscono voce e gestualità grazie ad alcuni preziosi documenti audiovisivi degli anni ‘30. A penalizzare l’attore è certamente la totale mancanza della cadenza siciliana, discorso valido anche per Valeria Bruni Tedeschi, sebbene bravissima a rappresentare l’angoscia dell’insanità mentale. Si tratta dunque di una pellicola interessante, utile a ricostruire il quadro sinottico della vita familiare e professionale dell’autore: per tutta la durata è però evidente di trovarsi dinnanzi ad una ricostruzione, una rappresentazione, e questo, in fondo, è forse coerente con parte della poetica dell’autore.