Sorprendente in questa 58. Mostra internazionale d’Arte a Venezia la presenza di un umile seguace di Santo Francesco, Padre Sidival Fila, non come scrupoloso visitatore ma come un artista che espone le sue opere al Padiglione Venezia.

Il salto dalla sua prima Mostra a Frascati nel 2006 alla Rassegna prestigiosa di Venezia 2019 è rilevante offrendo una lieta sorpresa nel mondo dell’arte.

Il suo è un mondo artistico di un simbolismo spaziale in cui i fremiti di ispirazioni ascetiche incantano, mandano messaggi di intensa spiritualità.

“Golgota” è l’opera che predomina in cui tessuti antichi, lini e sete, oggetti che impongono il richiamo tragico e sublimante della Crocifissione: un polittico di 7 elementi largo 6,80 e alto 3,85 metri. Una epifania conturbante dalla quale emanano passi e ansietà di una ‘via crucis’ che fremono per una ascesa purificatrice.

In altre opere immette la freschezza floreale che nobilita e ci conduce a nuove rinfrescanti primavere.”E’ un modo – spiega padre Fila – di rappresentare l’estasi, quel momento sublime in cui lo spirito di una persona è in pieno contatto con sé e con il divino”.

Questa Biennale è curata dall’inglese Ralph Rugoff che ha scelto 79 artisti di ogni parte della terra con la proposta di offrire ciascuno, sia all’Arsenale e sia al Padiglione, due loro invenzioni artistiche che affrontino tematiche contemporanee :il fenomeno dei cambiamenti climatici, la preoccupante apparizione di dei nazionalismi che tendono a offuscare la democrazia, le piaghe economiche prodotte dalle disuguaglianze sociali e altre manifestazioni caratterizzanti il nostro tormentato quotidiano.

Ne sono chiari segni insiti nelle varie opere: ci turbano ad esempio i fili spinati sulle mura presentati nell’opera della messicana Teresa Margolles o la testimonianza sconvolgente del naufragio del traghetto Sewol nei mari di Corea di Lee Bul o il barcone ripescato dei nostri emigranti posto alle Corderie; ancor più assillanti la raffigurazioni di macchine incombenti degli artisti cinesi Sun Yuari e Peng Yu che spazzano via l’uomo con i tormenti della loro invenzione e realizzazione artistica. Nobilitano invece l’opera nata dal cervello umano le testimonianze artistiche – anche questa è una novità nobilissima della Mostra – di molti artisti africani : i grandi dipinti del nigeriano Njideka Akunyli Crosby,le fotografie grondanti drammaticità e aspirazione redentrice della sudafricana Zanele Muholi, le pause idilliache e riposanti degli acquarelli della keniota Michael Armitageo, le problematiche istallazioni del sudafricano Kemang Wa Lehulere.

La istallazione multimediale del turco Halil Altindere grida alto l’esaltazione alla libertà di pensiero e di azione, messe in discussione nella sua patria martoriata mediante la sua originale opera multimediale. Pure all’avanguardia del richiamo alle istanze libertarie le altre incisive ed eloquenti istallazioni di Tomas Saraceno e quelle di Ed Atkins.

Altra novità di questa Esposizione è quella di aver – sotto la spinta innovativa sempre di Rudolf – dato maggior rilievo alle opere femminili rispetto a quelle maschili (43 donne e 38 uomini). Queste donne artiste immettono con forza le istanze di un loro inserimento decisionale e forte nella società. Si veda ad esempio la mostra fotografica della sudafricana Zanele Muholi in cui l’identità di genere è conclamata con grazia ma decisa conquista.

Per volontà del Presidente Baratta le numerose mostre collaterali che fioriscono attorno a quella ufficiale debbono cogliere problematiche urgenti e propositive per illuminare il cammino di una purificazione collettiva. Significativa in questo senso la sezione dedicata alla scienza e alla tecnologia e al rapporto tra l’uomo e la macchina.

Per tali tematiche predominanti, questa Mostra 2019 si caratterizza come una panoramica di opere orientate verso l’istanza di un rinnovamento dei nostri rapporti comunitari.