Sulla scia di una passione incredibile da parte del popolo russo per la musica italiana, che ha portato alla ribalta nelle terre dell’Est Europa, forse come mai nel nostrano suolo, alcune glorie degli anni 80, I Ricchi e Poveri, Albano e Romina Power per citare i più celebri, Fausto Brizzi ha scritto con Marco Martani, Edoardo Falcone e Alessandro Bardani, e diretto una commedia che già nei minuti iniziali fa perdere la speranza.
Il magnate russo Ivanov sogna una réunion a Pietroburgo del suo complesso musicale italiano preferito, i Popcorn, (Christian De Sica, Massimo Ghini, Paolo Rossi, Angela Finocchiaro) famosi negli anni ’80. Il manager della band, Franco (Diego Abatantuono) viene contattato a questo proposito da tale Olga, donna capo della sicurezza di Ivanov. Siccome il compenso è altissimo, Franco cerca di riunire la band sciolta oramai da 30 anni per dissidi interni… Dopo qualche difficoltà, il manager riesce a convincere questi 4 disperati ad esibirsi davanti al loro più grande fan. Gli artisti, un po’ arrugginiti, sono pronti alla nuova avventura, depressi ma pronti… Tra prove costumi, sound check, liti, vecchi amori e vecchi rancori, i quattro scoprono con stupore di dover fungere da cavallo di troia per una colossale rapina ai danni di Ivanov progettata da Olga. Le loro resistenze sono inutili. Ma le perplessità si convertono ben presto in sentimenti di polarità opposta. I quattro vedono nel progetto criminale un potenziale salvifico per le vite di tutti…
Con due brani musicali originali scritti dal maestro Zambrini, La mia banda suona il pop ha il “difetto” di avere dei dialoghi. Si, non ce ne vogliano gli autori, ma il cast protagonista è composto da professionisti dotati di una superba mimica facciale che sarebbe bastata da sola a scatenare le risate e l’affetto.
Il problema del film è una storia debole, uno sforzo sprecato – ed è un peccato con questi attori sublimi – e dialoghi che cercano di essere spiritosi, inseguendo forsennatamente la risata facilissima e finendo a ridursi a qualcosa di banale e commerciale, superficiale e inutilmente volgare.