Meetings on Art | May You Live In Interesting Times

Conversazione tra Paolo Baratta e Ralph Rugoff

Come ogni anno a fine novembre è arrivato il momento di fare alcune considerazioni sulla Biennale d’Arte appena conclusa. Ieri, ultimo giorno di apertura della 58. Esposizione Internazionale d’Arte, al Teatro alle Tese Paolo Baratta, Presidente della Biennale e Ralph Rugoff, curatore dell’esposizione “May You Live in Interesting Times”, hanno conversato su alcuni aspetti di quest’ultima edizione.

Al di là degli entusiasti numeri che confermano un costante seguito – di visitatori e media – per l’evento internazionale, è interessante notare la sempre maggior importanza del visitatore, sia come motore della manifestazione che come suo sostenitore. Entrambi gli interventi hanno sostenuto il ruolo centrale del visitatore, non un individuo che attraversa passivamente la mostra per apprendere le verità dell’arte contemporanea, bensì un soggetto attivo che interagisce con le opere, molto più di quanto l’artista o il curatore abbiano immaginato, e torna a casa non con un bagaglio di certezze ma con una visione del mondo notevolmente arricchita. Come dichiara Baratta “non esponiamo certezze, esponiamo forme ed oggetti che parlano alle nostre ansie. La mostra pone delle domande piuttosto che dare delle risposte, è un incontro di sollecitazioni.”

La Biennale, incalza Rugoff, riflette sugli aspetti del  nostro tempo esponendone le contraddizioni. In un momento di crisi, in cui tutti tendono alla semplificazione, l’arte mostra invece la complessità del mondo. Un aspetto che motiva anche le scelte curatoriali della mostra, ovvero la necessità di individuare degli artisti che non si limitino a documentare o criticare la realtà, ma che attraverso la loro opera siano in grado di provocare una reazione nell’osservatore e attivare un dialogo che non escluda differenti interpretazioni.

L’arte mette in dubbio una visione univoca, il suo compito è invitare all’approfondimento e alla ricerca, temi cari al curatore tanto da farne un metro di scelta per gli artisti da invitare in mostra, collegandoli alla capacità dell’artista di attivare un approccio ludico, che non significa superficiale, ma piuttosto stimola la libera esplorazione.

Dopo queste considerazioni, si può comprendere come la struttura della Biennale, suddivisa in padiglioni nazionali, definita da molti anacronistica e ancora una volta difesa strenuamente da Baratta, sia in realtà per Rugoff un’ulteriore opportunità per parlare della complessità del mondo e delle sue contraddizioni, che si palesano in questa intrinseca natura della manifestazione.

Baratta vuole però precisare che, nonostante la presenza dei vari paesi, la Biennale resta indipendente e autonoma, al di fuori degli interessi politici o economici perché “lo scopo è chiarire il rapporto tra curatore, istituzione, opera d’arte e visitatore”. Un rapporto di fiducia che si costruisce nel tempo, proficuo dato che favorisce lo scambio di idee e genera conoscenza perché, come dichiara Rugoff, l’arte è costante e libero apprendimento.