Presentato nella sezione Cinema nel Giardino, Nato a Casal di Principe di Bruno Oliviero si basa sul libro scritto nel 2012 dalla giornalista Paola Zanuttini e dall’attore Amedeo Letizia sul caso del rapimento del fratello di quest’ultimo, Paolo, avvenuto nel Settembre dell’89.

AmedeoAlessio Lapice – è originario di Casal di Principe ma da qualche tempo si è stabilito a Roma per inseguire il suo sogno di diventare attore. A riportarlo a casa è la notizia che Paolo, suo fratello minore, non torna a casa da diversi giorni e nessuno sa dove si trovi. Con l’aiuto del cugino Marco, scopre che non si tratta di semplice sparizione e che il mandante è il boss locale, tale don Bernardino: alla prima titubanza, si sostituisce presto il desiderio di vendetta.

nato a casal di principe
Alessio Lapice nei panni di Amedeo Letizia

Come indicato già nei titoli di testa – e nel finale dall’allargamento di campo con cui la panoramica svela la finzione filmica mostrando il set in cui tutto è stato ricreato – , quella che Oliviero ci racconta è una storia vera. La consueta retorica legata alla criminalità organizzata sul grande schermo è assente: niente eroi – neri o positivi – , niente spettacolarizzazione della violenza, nessun dialogo sagace; soltanto il silenzio – l’omertà su cui le associazioni di stampo mafioso prosperano – e l’impotenza di un ragazzo alle prese con qualcosa di più grande di lui.

Con sobrietà e naturalezza da parte degli interpreti, siamo chiamati a partecipare alla ricerca di Amedeo, a entrare nel suo mondo – ricreato in maniera preoccupantemente realistica – , un mondo in cui un uomo può essere ucciso a sangue freddo per aver cercato di rubare l’auto alla persona sbagliata. Nemmeno allo spettatore è dato conoscere più di quanto non sia in possesso del personaggio principale: attraverso il flashback in soggettiva dell’amico che era con Paolo quella sera, sappiamo soltanto che degli individui armati gli si sono avvicinati in auto ad abbaglianti accesi costringendolo a seguirli.

Attraverso i suoi piani sequenza, il regista ci conduce fin dentro le stanze del potere della camorra, cui nerbo sono proprio i giovani. Ma il protagonista sceglie un’altra strada – quella del codardo, direbbero i suoi paesani – e piuttosto che ricorrere alla forza accetta la realtà dei fatti, ovvero che Paolo non tornerà. Il Casertano, con un occhio attento a ricreare l’ambientazione d’epoca, è ritratto per quello che è nei ricordi del vero Amedeo: un territorio costellato di casali e edifici fatiscenti, senza spazi di aggregazione, eccezion fatta per la famiglia, forse. Eppure nemmeno quest’ultima, come apprendiamo dagli eventi raccontati, è in grado di offrire un rifugio sicuro. In un simile contesto, la religione diventa l’unica ancora di salvezza, anche nelle sue forme più fanatiche e superstiziose: basti pensare alla figura della chiaroveggente incaricata di rintracciare Paolo, innesco dell’unica sequenza onirica del film – perfettamente inserita nella diegesi.

Nato a Casal di Principe si sviluppa col rigore di un’inchiesta senza sacrificare le convenzioni della narrazione cinematografica, porta acqua al suo mulino senza riuscire perciò pedante o didattico e si distingue per la ottima gestione delle luci – ricordiamo che la maggior parte delle sequenze sono in interni e, soprattutto, in notturno. Una storia familiare e umana ancor prima che di crimine, corroborata da una prestazione attoriale di tutto rispetto.