Chi pensa che l’arte del mimo sia ormai deceduta nel secolo scorso non ha evidentemente assistito al talento di Julien Cottereau. L’artista francese, dieci anni clown rumorista al Cirque du Soleil e vincitore del prestigioso Premio Molière nel 2005, ha calcato la scena vicentina martedì 20 agosto, aprendo con il suo celebre spettacolo Imagine Toi! l’ottava edizione del festival di teatro popolare Be Popular, organizzato da Stivalaccio Teatro.
La rappresentazione, che ha avuto luogo nella sala del Ridotto al Teatro Comunale di Vicenza, si apre in uno squarcio di tempo morto nella vita di un addetto alle pulizie, maltrattato dal temuto padrone che si cela dietro le quinte. Ed è proprio quando quest’ultimo si addormenta che l’esercizio immaginativo più complesso ha inizio, in un intenso dialogo non verbale con il pubblico che si vede direttamente coinvolto per dare corpo ai particolari suoni emessi dal protagonista stesso. Egli, infatti, in assenza di parole, rivendica la materialità della sua bocca creando con essa rumori, gorgoglii e fischi, amplificati su bisogno dal lavoro dell’invisibile ma essenziale tecnico del suono Areski Benamouche.

Usando la cavità orale per far vibrare e rimbombare la voce, Cottereau si fa eco di storie e archetipi secolari, modellando con fluidità il suo corpo, il tempo e lo spazio vacuo intorno sé come la gomma da masticare con la quale gioca. Non si fa attendere la risposta dell’eterogeneo pubblico, che partecipativo ed entusiasta si innamora in fretta del tenero inserviente, prima ridendo di lui, poi sognandoci insieme e infine accettando di mettersi in ridicolo ed essere parte del divertimento collettivo in atto.
In un’epoca votata all’iperproduttività in cui ciascuno di noi è bersaglio di immagini e sollecitazioni di ogni genere, Imagine Toi! (insieme al suo distratto protagonista) ci impone una pausa dall’ansia del rendimento efficiente, affinché il tempo della sospensione possa portarci di nuovo a immaginare senza vedere, facendo silenzio e ascoltando attentamente nuovi alfabeti sonori.
Foto di Giulia Scattini