Il regista Ralph Fiennes, lo sceneggiatore David Hare e il ballerino professionista Oleg Ivenko ricostruiscono attraverso tre fasi la vita del leggendario Rudolf Nureyev. L’infanzia vissuta in povertà, con le tre sorelle e un’affettuosa madre in attesa che il padre tornasse dalla guerra; il recupero di anni persi come ballerino a diciassette anni sotto l’ala di Alexander Pushkin (Fiennes), un lavoro doloroso e meticoloso per diventare il migliore; il viaggio a Parigi con la sua compagnia nel giugno del 1961 e la diserzione dall’Unione Sovietica. Sono i tre piani temporali  che si intersecano – a volte in modo un po’ disordinato – tra di loro per raccontare la formazione di una personalità ostinata e di un talento senza eguali.
Oleg Ivenko è da applausi a scena aperta, ha carattere e riesce a mettersi al servizio del regista e di questa storia, incarnando un ballerino che ha rivoluzionato in modo permanente la storia del balletto. Nato a bordo di un treno in Siberia nel 1938, Rudolf Nureyev non ha conosciuto tregua per raggiungere i suoi obiettivi. La Guerra Fredda ha provato a intralciare i suoi piani, ma ha compiuto una scelta radicale “probabilmente non tornerò mai più nel mio Paese. Questo non significa che mi vivrò bene in un altro posto. Del resto sono nato su un treno, posso vivere ovunque”. Da subito Parigi lo acclama. “I tuoi passi a volte sono goffi, ma sai dominare la scena” sono le parole di un ammirato Pierre Lacotte (Raphaël Personnaz), celebre ballerino e coreografo.
E’ nel finale che il film dà il meglio di sè. In aeroporto a Parigi, mentre la compagnia russa si sta per imbarcare per Londra, i “superiori” di Nureyev gli comunicano che deve tornare in Patria per esibirsi al Cremlino. Lui comprende che sta pagando caro il prezzo della sua libertà nella capitale parigina. Nella disobbedienza del 23nne si concentra tutta la tensione e l’emotività di The White Crow. Il titolo prende il nome dal soprannome che avevano dato a Nureyev da bambino. Questo dettaglio lo rivela nel film il protagonista alla stellina mondana dei rotocalchi di allora Clara Saint (Adele Exarchopoulos). The white crow indica una persona eccezionale, di rara intelligenza.
La terza regia Ralph Fiennes (che gira prevalentemente in russo!!!) pecca facendo fare al pubblico un po’ di fatica nelle sequenze temporali, ma resta elegante (anche grazie alla desaturazione della fotografia di Mike Eley) nella sua imponenza.