Buone notizie, la 78esima edizione della mostra del cinema di Venezia si è aperta questa mattina e a distanza di ore e ore la conta dei caduti è ancora bassissima. Per evitare che si formino assembramenti fuori dalle sale, la direzione quest’anno ha lanciato un sistema di prenotazione online semplice ed intuitivo che funziona nel seguente modo: ci si connette alla piattaforma apposita, si inseriscono le credenziali del proprio accredito e si prega iddio. Per il resto fa tutto la piattaforma, dalla scelta del film a quella dell’orario, il più delle volte non non ti rimanda nemmeno a un film vero e proprio, ti arriva via mail un indirizzo che sta a 20 minuti a piedi dal Casinò del Lido di Venezia, tu ci vai e quando arrivi c’è una maschera che ti chiede il green pass. Tu glielo dai, questo ride e se ne va.
Questo metodo, non ce lo nascondiamo, ha sollevato un po’ di malumori tra gli aficionados del festival abituati a vecchie tradizioni che in epoca covid hanno inevitabilmente visto la fine: i combattimenti clandestini tra fotografi in sala stampa, gli accampamenti di critici organizzati in una comune anarcoide fuori dalla sala grande, le gare a chi litiga con più giornalisti francesi (il record ce l’ha ancora un inviato de Il Mattino di Padova che quattro anni fa ha affrontato l’intera delegazione de Le Figaro nell’area bagni chimici). Il virus però resta pur sempre una minaccia ed è giusto adattarsi.
A chi si lamenta della leggera confusione causata da questo metodo, ricordiamo che lo scopo ultimo è garantire la sicurezza dei visitatori e degli addetti stampa, e i primi risultati già sono stati ottenuti. Considerate che un accreditato su due una volta connessosi alla biglietteria online si butta in canale, liberando un posto in sala e abbassando l’indice R con T. In generale si respira un clima di generale sicurezza e serenità, di assembramenti se ne vedono pochi. I rischi di una mostra del cinema contemporanea sono ben altri: è per esempio sconsigliato addormentarsi all’aperto senza un amico a fare da guardia, dato che è un attimo che passa Netflix e ti compra per distribuirti in 130 paesi.
Per inaugurare questa edizione, il regista Pedro Almodòvar (immortalato qua sopra in conferenza stampa con la sua ventriloqua) ha deciso di stupire tutti con un film in cui si parla di mamme e maternità, così per sfizio. A chi scrive piace tantissimo il cinema di Almodòvar perché è come andare a pranzo a casa della nonna: è tutto in ordine, tutto uguale da trent’anni e si passa un’ora e quaranta a parlare della mamma, poi a un certo punto qualcuno tira fuori l’argomento sesso a tradimento con imbarazzo degli astanti ma poi esce uno con una frittata di patate e si cambia argomento. Ironie a parte Madres parallelas, che ho visto da un condotto dell’areazione all’insaputa della security e della croce rossa, è un film struggente e di cuore che ho apprezzato molto, non solo mi sono commosso ma a momenti ho quasi partorito.
In conferenza stampa il regista spagnolo ha accennato alcuni dettagli sui suoi progetti futuri, tutti dedicati a temi inesplorati: pare sia in lavorazione A mammt’, ambientato in una location non precisata dai mille colori, e Mamma li turchi, sulla cui trama non si è voluto sbilanciare ma che secondo fondi abbastanza sicure sarebbe un film offensivo nei confronti della mamma di Ozpetek, che c’ha il figlio che ruba le idee.