“Die Tote Stadt” di Erich Wolfgang Korngold

La morte in sogno

L’intelligenza di Pier Luigi Pizzi per riscoprire l’opera principale di uno dei maggiori ed eclettici autori della prima metà del Novecento

Ogni inaugurazione del Teatro la Fenice finisce per essere una sorpresa gradita e il fatto di aver scelto Pier Luigi Pizzi a firmare l’allestimento risulta una carta vincente.
In tempi di magre sovvenzioni per far fronte con onore alle spese, la vita e la qualità di un teatro si misurano oltre che con l’arguzia di saper scegliere nomi e titoli, anche con la carta delle coproduzioni. È una scelta simile alla prosa quella di far girare uno spettacolo (non la compagnia di canto) ed in questa stagione veneziana, ed italiana in genere, se ne hanno vari esempi. Il primo riguarda proprio quest’opera che si potrà vedere in aprile al Teatro Massimo di Palermo.

Die Tote Stadt rappresenta piuttosto bene gli anni della sua prima rappresentazione (4 dicembre 1920), anni in cui l’eco del neoromanticismo simbolista cominciava a scemare, e si faceva sempre più strada un espressionismo, in questo caso onirico, asciutto e diretto.
Proprio di un’allucinazione è per certi versi vittima il vedovo Paul, il protagonista, che vive nella tetra Bruges, soffocato dai ricordi e da un morboso feticismo nei confronti dell’amata Marie.
Nel delirio Paul sostituirà la ballerina Mariette, conosciuta nel primo atto, con la moglie Marie, ma non riuscirà a sostenere il confronto, strangolato da rimorsi, visioni e tormenti, tanto che, resosi impotente e in debito nei confronti della sua sposa, strangolerà la ballerina con una treccia di capelli, conservata gelosamente quale reliquia della moglie. Ripresososi apparentemente, Paul lascerà Bruges, città che diviene la personificazione della morta, consapevole della propria condizione e per questo condannato all’infelicità.

Pier Luigi Pizzi rappresenta tutto ciò in un bellissimo ambiente anni 20 tutto giocato sul bianco e nero, formale e freddo, che cela alle spalle una distesa d’acqua sovrapposta da un enorme specchio che riverbera le immagini e i deliri di Paul.
La compagnia di canto regge bene con Stefan Vinke nel ruolo di Paul e Solveig Kringelborn in quello di Mariette. Eliahu Inbal si sente a casa in un repertorio di questo tipo e l’orchestra lo asseconda egregiamente.

Die tote Stadt (La città morta)
opera in tre quadri – libretto di Paul Schott dal dramma Le mirage e dal romanzo Bruges-la-Morte di Georges Rodenbach – musica di Erich Wolfgang Korngold – prima rappresentazione assoluta: Amburgo, Stadttheater e Colonia, Stadttheater, 4 dicembre 1920
personaggi e interpreti principali: Paul: Stefan Vinke – Marietta / L’apparizione di Marie: Solveig Kringelborn – Frank / Fritz: Stephan Genz – Brigitta: Christa Mayer – Juliette: Eleonore Marguerre – Lucienne: Julia Oesch – Gaston: Gino Potente – Victorin: Shi Yijie – Il conte: Albert Mathias Schulz
maestro concertatore e direttore: Eliahu Inbal – regia, scene e costumi: Pier Luigi Pizzi – coreografia: Marco Berriel – light designer: Vincenzo Raponi
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice – direttore del Coro Claudio Marino Moretti – Piccoli Cantori Veneziani maestro del Coro Diana D’Alessio
danzatori e mimi: Arianna Bolzonella, Tatiana Corrò, Marianna Franceschin, Elia Gazzato, Giuseppe Grasso, Alexandra Grillo, Sara Lippi, Margherita Longato, Barbara Pessina, Giuseppe Romano, Tomaso Santinon, Tiziana Tonini, Davide Tonucci, Costantin Zaharia, Carlo Zanetti, Lara Zinelli
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice – in coproduzione con la Fondazione Teatro Massimo di Palermo
durata dello spettacolo 2 ore e 40 minuti
www.teatrolafenice.it