FRANCO BATTIATO IN EQUILIBRIO TRA MISTICA E ROCK

Il musicista catanese regala a Venezia un concerto intenso, elegante ed energico

Il 5 luglio piazza San Marco ha accolto Franco Battiato per il primo dei due concerti (il secondo lo ha tenuto Peter Gabriel) a favore di Emergency allestiti nella città lagunare. Il ricavato delle due serate andrà infatti all’organizzazione umanitaria di Gino Strada per il nuovo centro di cardiochirurgia da poco aperto in Sudan.

La scenografia è una delle piazze più belle mondo, San Marco, e Franco Battiato ha voluto inaugurare proprio qui il nuovo tour, aggiungendo però una marcia i più: l’orchestra da Camera di Milano. A Battiato, si sa, piace spaziare tra i generi musicali e contaminarli, senza fare grosse differenze tra musica classica, musica leggera, pop o rock. Poter disporre di un’intera orchestra oltre dei gruppi degli FSC e delle MAB gli ha permesso di dividere idealmente il concerto in due parti.
Dopo la breve introduzione di Gino Strada, e le letture del filosofo Manlio Sgalambro, che da anni accompagna il cantautore, la musica è diventata la protagonista assoluta. “Haiku” è il brano di apertura, che con il suo tappeto di violini e una parte cantata in persiano introduce il pubblico in una dimensione più sottile, eterea. Un’atmosfera che accompagnerà gli spettatori durante tutta la prima parte del concerto in cui le note dell’orchestra e del pianoforte di Carlo Guaitoli permettono a Battiato di emozionarsi ed emozionare intonando brani di autori importanti che attraverso le loro canzoni hanno saputo lasciare una traccia, come il lied “Plaisir d’amour” musicato da Berlioz, “Aria di neve” di Sergio Endrigo, “La canzone dell’amore perduto” di De André, “La canzone dei vecchi amanti” di Brel, “ Se mai” di Chaplin. Ma Battiato ha attinto anche dalla sua produzione presentando l’indimenticabile “Prospettiva Nevsky”, la mistica “Lode all’Inviolato”, “Le sacre sinfonie del tempo”. Musica che eleva l’animo e che rapisce le 3500 persone accorse per il concerto. Franco Battiato si dimostra in piena forma fisica e vocale, e lo si sente da come la sua voce sostiene le note e accarezza le melodie intrecciandole con le note della (purtroppo) non sempre attenta Orchestra da Camera di Milano. Carlo Guaitoli, invece, si dimostra ancora una volta straordinario musicista e direttore, infatti per tutto il concerto sarà lui a fare da ponte tra i musicisti e Battiato, riuscendo sempre ad integrare le varie sonorità.
La seconda parte del concerto si apre idealmente con “La cura” in cui compare anche il gruppo padovano degli FSC, che già aveva accompagnato Franco Battiato nel tour dello scorso anno, e prosegue sul versante più pop-rock dell’artista con “Impressioni di settembre”, “E ti vengo cercare”, “Ruby Tuesday” , “La stagione dell’amore”, “L’era del cinghiale bianco” e “Aspettando l’estate”, tratta dall’ultimo album.
Attesa dai fan anche la partecipazione del gruppo delle Mab (quattro ragazze sarde che per coronare il loro sogno musicale sono approdate a Londra), ma limitata alla esecuzione di “Era l’inizio della primavera” e “Il vuoto” tratte dall’ultimo lavoro.
Nonostante il pubblico sembrasse abbastanza ingessato (ma forse è l’atmosfera di piazza San Marco che invita alla sobrietà) non ha mancato di dimostrare l’entusiasmo per lo splendido concerto e i più giovani durante i bis si sono ammassati sotto il palco per ballare e cantare insieme a Franco Battiato, che ha ringraziato mostrandosi pronto allo scambio di battute e a scherzare con il suo pubblico.
I grandi artisti si riconoscono per la versatilità, la flessibilità con cui sanno affrontare le situazioni più diverse. Franco Battiato è riuscito a rimanere coerente con le sue scelte musicali mettendo fianco a fianco sue composizioni, lieder e canzoni d’autore, mescolando i suoni e le parole come un’alchimista, lasciando emergere il suo lato mistico ma anche il suo lato rock. D’altronde, si sa, proprio Battiato è convinto che la musica può diventare un ponte tra il cielo e la terra e l’altra sera l’ha nuovamente e ampiamente dimostrato.

Foto di Lisa Ferro