“La storia d’amore fatta di sguardi, complicità e affinità fra il pittore Vermeer e la giovane serva Griet (interpretata da una convincente Scarlett Johansson) è il tema del film di Webber, tratto dall’omonimo romanzo di Tracy Chevalier. L’opera, ben riuscita dal punto di vista estetico, non convince altrettanto ai fini del coinvolgimento emotivo”
Il film di Peter Webber tratto dall’omonimo romanzo di Tracy Chevalier (edito in Italia da Neri Pozza Editore,Vicenza.2000) è una storia d’amore fatta di sospiri, sguardi e complicità tra il pittore Johannes Vermeer e la sua serva Griet.
La ragazza sedicenne, abbandonata la casa dei genitori, prende servizio presso i Vermeer, dove si trova a dover fare i conti con la gelosia della moglie, i rimproveri della suocera e le malignità delle figlie del pittore. Tutto ciò però non la scoraggerà dal suo amore per l’arte, per i colori (da subito scopriamo la sua sensibilità anche nei confronti del mestiere del padre, decoratore di piastrelle) e soprattutto dalla sua passione ‘nascosta’ verso il padrone. Così alla fine del film poserà con le labbra dischiuse, un turbante al posto della cuffia da serva mai tolta, e soprattutto con una delle perle di Catharina, moglie del pittore gelosissima dei suoi gioielli ma soprattutto dell’intesa fra la giovane e il marito. Alla vista del quadro Catharina sarà sconvolta dalla sua sensualità e lo definirà osceno e immorale, reazione che qualunque spettatore dell’epoca avrebbe avuto.
Sebbene sia interessante, non scontata e verosimile per l’epoca l’idea di una storia d’amore fatta di sguardi, silenzi, frasi non dette, il film di Webber non riesce a coinvolgere fino in fondo e ad emozionare lo spettatore. Nonostante la sentita interpretazione della giovanissima Scarlett Johansson (che già in “Lost in translation”di Sophia Coppola aveva dimostrato il suo precoce talento) il film sembra essere costruito, inquadratura dopo inquadratura, secondo citazioni pittoriche dei quadri di Vermeer. Dunque tutto ciò che poteva far vivere il film, il non detto, la complicità mai esplicitata tra i due, viene spostato ad un livello “alto” e pretenzioso. L’effetto di questo innalzamento di tono è una monotonia che porta ad un raffreddamento dell’opera.
Lo spunto dato dal romanzo poteva trasformarsi in un film coinvolgente ed emozionante. Ma tutte quelle che sono le imperfezioni e le incrinature che fanno vivere l’arte e l’uomo in generale, vengono qui eliminate per proporre un film esteticamente ben confezionato, ma emotivamente poco sentito.
Produzione: GB/Lussemburgo.
Regia: Peter Webber.
Cast: Scarlett Johansson, Colin Firth, Tom Wilkinson, Essie Davis.
Fotografia: Eduardo Serra.
Distribuzione Mikado.