LET IT BE…NAKED

MEGLIO PRIMA O PRIMA DEL PRIMA

Discutere degli interessi economici e pubblicitari sottostanti all’operazione “riesumazione chicche per appassionati” è cosa quanto meno inutile. Che il recupero dei nastri originali del progetto poi trasformatosi nel disco “Let it be” abbia non solo fini artistici è innegabile, ma non è questo il punto.

Innanzitutto non va dimenticato che Beatles è ormai un marchio indelebile nella storia della musica, direi nella memoria collettiva, e tentativi come questi non fanno altro che consolidare tale situazione.
Che poi sia di primaria importanza l’aspetto musicologico, ovvero la possibilità di apprezzare un’opera nella sua originalità, questo è altrettanto vero. Meglio non complicare troppo le cose.
Il progetto iniziale, probabilmente intitolato “Get Back”, all’inizio del 1969 si risolse con un “poco (o nulla) di fatto”, nel senso che i fab four cominciavano a diventare sempre meno fab, almeno per quel che riguarda la magia del sodalizio artistico. A giochi finiti, nel 1970, uscì “Let it be” sotto la direzione dell’abile produttore Phil Spector, che rielaborava i nastri di quel periodo infelice con l’aggiunta di orchestre e cori in alcuni pezzi. Spector, infatti, fu famoso negli anni Sessanta per l’invenzione (o meglio la diffusione) del “wall of sound”, ovvero l’aggiunta a un semplice brano pop con chitarre, basso,batteria di un’intera orchestra, cori o sezioni fiati…quanto serviva a rendere sfarzoso e coinvolgente qualcosa di altrimenti scarno.
Oggi, 2003, un appassionato come il sottoscritto, non potendo essere presente nel 1970, ha la possibilità di ascoltare le canzoni non modificate (termini attuali) e di farsi un’opinione personale a riguardo. Di polemiche nel corso degli anni ce ne sono state: meglio prima (con i ritocchi di Phil Spector) o prima di quel prima?
Ascoltando “The long and winding road”, piccola gemma del disco anche se non famosa quanto “Let it be” o “Get back”, provo un senso di nostalgia per gli archi che accompagnavano la voce di McCartney, ma al tempo stesso scopro l’importante presenza della chitarra di Harrison e della batteria di Starr.
Insomma, bisogna giungere a delle conclusioni. Ebbene, scelgo la via diplomatica: tra la versione pura e quella con orchestra e cori preferisco quella con orchestra ma senza cori, per me eccessivi (qualcosa di stucchevole ci deve pur essere).
Ecco fatto: l’importante è parlarne anche dopo 33 anni. L’importante è continuare ad ascoltarli, questi Beatles.