“Mio fratello è figlio unico” di Daniele Luchetti

La solitudine dell’idealismo

Daniele Luchetti accarezza prima i più gradevoli toni della commedia, poi quelli più profondi del dramma, nell’ultimo “Mio fratello è figlio unico”, presentato in anteprima a Napoli giovedì 12 aprile.

Tratto dal romanzo Il Fasciocomunista, vita scriteriata di Accio Benassi di Antonio Pennacchi (Mondadori, 2003), il film racconta della formazione di Accio (Elio Germano), cresciuto nella cornice atemporale e metafisica della città di Latina, presso una famiglia “tradizionale”, con regolari genitori e fratelli dallo schiaffo facile. Accio è spinto dalla sua inquietudine a ricercare nello studio e nelle ideologie politiche l’approvazione e l’affetto che non sente di ricevere da nessuno: prima si iscrive al Movimento Sociale, da cui resta deluso, poi al Partito Comunista, con scarsa convinzione. Da qui il titolo del romanzo da cui è tratta la pellicola.

Il film, invece, riprende il brano con cui Rino Gaetano dipinse il ritratto dell’idealista puro, dell’animo pulito, di umili origini e modeste aspirazioni proprio come il protagonista della storia. Pur essendo cresciuto insieme a Manrico (Riccardo Scamarcio), con cui ha sempre avuto un rapporto conflittuale e affettuoso al contempo, Accio in realtà resterà solo, perderà l’odiato e amato fratello, vittima del momento storico ma anche di se stesso. L’intensità di Elio Germano offusca non soltanto gli altri giovani interpreti, tra cui Scamarcio nell’ormai consolidato ruolo del belloccio spavaldo, ma persino gli altri attori più consolidati come Luca Zingaretti (Mario Nastri) e Angela Finocchiaro (la madre). La storia è quella di un ragazzo che non può aderire completamente a nessuna ideologia, in quanto egli stesso rappresenta l’ideale del giovane capace e intelligente, soltanto mascherato da cattivo, pur di non restare solo a causa della propria sensibilità.

Accio, che appare da subito come l’irrequieto perditempo, si conferma invece come l’unico in grado di perpetrare i valori dell’amore e del rispetto che in principio sembra rifiutare. Manrico al contrario scivola rapidamente dalla rivolta pacifica a quella armata, senza nascondere i propri egoismi. Sebbene gli anni siano i favolosi ’60, quindi con una precisa connotazione epocale, di quella rivoluzione che arriva dappertutto “tranne a Latina”, Mio fratello è figlio unico appare come una riflessione universale, capace di estendere il suo sguardo generazionale anche ai ragazzi di adesso, molto di più e meglio di tanto cinema adolescenziale italiano degli ultimi tempi. Luchetti non si avvale né di hit musicali del momento nè di richiami a oggetti e situazioni culto di una generazione passata; la sua maniera è quella asciutta e ironica che abbiamo imparato ad apprezzare a partire da La Scuola (1995) in poi. Spesso lo sguardo cinematografico ci permette di risalire alle cause di situazioni che non abbiamo vissuto: con essenzialità Luchetti ci racconta la fine delle ideologie, le rivoluzioni apparenti, la solitudine dell’idealismo e l’eterna, metastorica, ricerca dell’amore.

Titolo originale: Mio fratello è figlio unico
Nazione: Italia
Anno: 2007
Genere: Commedia
Durata: 100′
Regia: Daniele Luchetti

Cast: Riccardo Scamarcio, Elio Germano, Angela Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca Zingaretti
Produzione: Cattleya, Babe Film
Distribuzione: Warner Bros.
Data di uscita: 20 Aprile 2007 (cinema)