Uno dei rischi più gravi che si possono correre affrontando il tema della criminalità, dal punto di vista dei criminali, è rendere affascinanti le loro gesta, dare una patina di tragico romanticismo nella quale immedesimarsi, se non proprio desiderio di emulazione.
Il Padrino è l’esempio supremo di questa ambiguità, che I Soprano sono riusciti a evitare con la finezza psicologica e Brotherhood col realismo delle immagini.
Romanzo criminale invece ci riesce con la stilizzazione, con la demitizzazione dei suoi personaggi (facendolo ad esempio vestire sempre allo stesso modo, come nei fumetti), anche se attorno a loro riesce a costruire una storia via via più complessa e tesa.
Nel quarto episodio, affiorano i drammi passati da Libano con Terribile, che gli aveva fatto violentare la ragazza anni prima per una questione di spaccio territoriale, mentre si stringono i rapporti tra Freddo e la ragazza del fratello e tra Scialoja e Patrizia;
nel quinto episodio, invece, tiene banco il rapimento di Aldo Moro e la camorra che chiede alla batteria di trovare i rapitori, mentre le formiche – ossia i piccoli spacciatori – scioperano per paura della polizia; intanto le indagini di Scialoja paiono arrivare a una svolta.
Due episodi molto diversi tra loro, per costruzione e temi, che aprono spiragli nuovi alla serie: il quarto è il classico episodio di transizione (un paio ce ne sono in ogni stagione a sviluppo orizzontale) dove più che altro contano i rapporti psicologici e sentimentali dei vari personaggi, facendo un interessante ardito confronto tra Freddo, il criminale “dagli occhi che sognano” e che coltiva una storia d’amore innocente seppur clandestina, e il commissario sincero e in un certo idealista eppure travolto dalla passione torbida per una squillo. Unico squarcio di violenza, a tratti insostenibile, il flashback della violenza subita dalla ragazza di Libano.
Nel quinto, sostanzialmente più interessante, la storyline si arricchisce del coté storico-politico che finora ammiccava ai margini, non solo collegando direttamente la DC (rappresentata dal Vecchio) con il rapimento, ma soprattutto sottolineando i legami tra lo stesso partito e la criminalità organizzata. Curioso poi che, per raccontare l’importanza decisiva che assumono il passato e il privato, al centro della scena – alla pari con Terribile – irrompano le donne, come l’ex donna di Libano, protagonista di una cruda e avvincente sotto-trama.
Il tutto, senza squilibri di sorta nella storyline, nella gestione del climax e della tensione, riuscendo Sollima e soci a combinare perfettamente i toni cupi con l’ironia, sia narrativamente sia visivamente, grazie alla sapiente fotografia. La regia e il montaggio guardano a modelli televisivamente alti, come quelli di HBO o di Showtime, con un tocco appena più nervoso nell’uso della macchina da presa, mentre rispetto ai primi episodi migliora anche l’uso delle musiche più evocative che mezzo per rimandare all’idea di un’epoca, come dimostra la scena finale del quinto episodio, dove Pazza Idea di Patty Pravo accompagna il montaggio alternato dell’arresto dei membri della banda (anche se nel quarto, Albachiara durante l’uscita di Freddo con la ragazza, sembra una concessione un po’ svenevole).
Gli attori ormai padroneggiano il ruolo, mentre migliora Francesco Montanari, grazie anche a un personaggio che acquista più sfumature.
Ora che la libertà e le sicurezze del loro potere sono svanite, si apre un’altra stagione nella vita della banda, che dovrà imparare l’importanza di un gruppo che più volte ha rischiato di sciogliersi.