WHERE IS OUR HERO? “PROMETHEUS LANDSCAPE” ALLA BIENNALE

Le mirabolanti visioni di Jan Fabre incatenano Venezia

Jan Fabre irrompe con forza incantatrice al festival organizzato dalla Fondazione Biennale di Venezia. Il suo ultimo lavoro, Prometheus Landscape II, presentato qui in prima nazionale, si dimostra un’opera imponente e complessa che – piaccia o no – non può lasciare indifferenti.

In un mondo incenerito, forse post-atomico, dei e dee, uomini e donne brancolano lungo traiettorie senza senso e inscenano vuote orge dionisiache deprivate di ogni sacralità. Sopra le loro teste incombe l’eroe incatenato, Prometeo, colui che gli dei punirono per aver regalato il fuoco agli uomini. C’è ancora bisogno di eroi, nel nostro tempo secolarizzato, demitizzato e dominato da tanti fragili Ego troppo umani (“Fuck you, Sigmund Freud”, come viene urlato a denti stretti)? La risposta affermativa emerge fin dalle prime battute del prologo che viene pronunciato in proscenio e che dura giusto il tempo di una sigaretta, una delle poche cose che ancora oggi sia in grado di ardere.

L’umanità ha infatti rifiutato il dono ricevuto o si limita ad usarlo per sterili giochi erotici: il regista, con sguardo lucido e disincantato, mostra la generale degradazione del mondo contemporaneo, abitato da dei che si comportano da esseri umani e da uomini che vivono come animali. Su tutto questo vince una corporeità che si fa perversione e si manifesta di continuo, ma che, nella sua estrema ostentazione, non può esimersi dal perdere ogni carica erotica.

Lo spettatore, al quale una volta tanto è risparmiata l’ansia di dover capire ogni cosa, viene violentemente investito dalle suggestioni create dal regista belga. In questo modo è costretto a partecipare fisicamente alla messinscena, non assumendo un ruolo attivo sul palco, ma vivendo quanto gli appare davanti agli occhi con respiro rallentato e muscoli tesi.

Gli elementi naturali e l’universo giocano un ruolo fondamentale nell’opera, continuamente richiamati da quanto avviene in scena e dalle meravigliose proiezioni che giganteggiano sullo sfondo. Acqua, sabbia ed estintori giganti sono gli strumenti usati da Zeus, capo supremo di un regime totalitario, per reprimere ogni possibile scintilla vitale.
La carica negativa e distruttiva che Prometheus Landscape II sprigiona per la maggior parte del tempo, è ribaltata in due momenti: il grido “I resist” dell’eroe e il monologo di Pandora nel quale si afferma che, anche nei tempi più bui, l’uomo rimane libero di decidere se assumere il ruolo della vittima o dell’eroe.

Disegnatore, scultore, coreografo e regista, Jan Fabre si dimostra ancora una volta un artista totale, capace di curare in maniera minuziosa ogni dettaglio dello spettacolo e far provare allo spettatore ogni tipo di sensazione. Il pubblico passa dalla rabbia al riso, passando per la compassione durante il discorso di Io. Questo monologo si rivela forse la parte più intensa dell’intero spettacolo e le riflessioni della vergine che si è concessa a Zeus e che ha così scatenato su di sé l’ira di Era, permettono di portare alla luce una delle numerose contrapposizioni di cui si nutre la drammaturgia di Prometheus Landscape II: obbedienza contro insubordinazione, verginità contro erotismo, mortalità contro immortalità, umano contro divino.

Davanti ad un mondo, ad un teatro e ad un’umanità in totale disfacimento, il regista sembra chiedere allo spettatore in che modo intende agire, sembra quindi chiedere ad ognuno di noi un gesto disperato, eroico, per uscire da questo tragico status quo e tornare a sognare.

Martedì 11 ottobre – ore 19.00 al Teatro Piccolo Arsenale
Prometheus Landscape II [prima italiana]
Ideazione, regia, scenografia Jan Fabre testi di Jeroen Olyslaegers (I am the all-giver da Prometheus Bound di Eschilo), di Jan Fabre (We need heroes now)
Interpreti: Kurt Vandendriessche (Prometheus), Ivana Jozic (Prologo, Bia, Athena), Gilles Polet (Prologo), Cédric Charron (Kratos, Dyonisos), Kasper Vandenberghe (Hephaestus), Lawrence Goldhuber (Epimetheus), Annabelle Chambon (Io), Katarina Bistrovic-Darvaš (Hermes, Oceanus), Katarzyna Makuch (Pandora), Vittoria De Ferrari
musica Dag Taeldeman assistenza e drammaturgia Miet Martens luci Jan Dekeyser costumi Andrea Kränzlin suono e video Tom Buys tecnica Bern Van Deun
Durata: 90 minuti
www.labiennale.org