Day of the fight di Jack Houston è un film drammatico, presentato nella sezione Orizzonti Extra all’80^ edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
A Brooklyn il pugile Mickey (Michael Pitt), noto al pubblico come “l’irlandese”, si prepara ad un match epocale al Madison Square Garden. Ex campione dei pesi medi, adesso dovrà affrontare Fletcher, temibile campione in carica. L’incontro costituisce per Mickey la fine della sua vicenda sportiva, oltre che una concreta possibilità di migliorare le proprie condizioni economiche, grazie alle scommesse sull’esito.
Nessuno sa però che Mickey potrebbe morire, in quanto un solo colpo deciso alla testa potrebbe scatenargli un aneurisma celebrale, dovuto a precedenti condizioni mediche. Il pugile inizia dunque la sua giornata, muovendosi tra ricordi dolorosi e gioiosi, incontrando coloro che sono parte integrante della sua vita, tra cui il padre Tony (Joe Pesci) e la figlia Sasha. Nel corso della pellicola emergono spesso aspetti differenti di Mickey, eventi oscuri del suo passato, quali l’alcolismo ed un’infanzia traumatica.
Per la vicenda narrata – se si parla di pugilato al cinema è quasi inevitabile – e l’uso del bianco e nero è impossibile non citare Toro scatenato di Martin Scorsese, anche se il film di Jack Houston porta il medesimo titolo di un cortometraggio di Stanley Kubrick del 1951, incentrato sempre sulla giornata di un pugile prima di un incontro importante.
L’uso del bianco e nero nel film di Scorsese era giustificato dal legame che il regista aveva con il ricordo dei match trasmessi alla tv, qui la citazione nel film è esplicita e probabilmente spiega la decisione di Houston. A differenza di Toro Scatenato però, la cui parte sul ring è il nucleo centrale del film – come si intuisce fin dalla prima scena -, qui è la mente di Mickey la reale protagonista.
Day of the fight è un buon film, grazie alla fotografia ed alle ottime interpretazioni (oltre ai già citati attori ci sono anche Steve Buscemi e Ron Perlman), ma non rappresenta nulla di nuovo e sembra citare troppo il capolavoro di Scorsese senza arrivare alla stessa profondità. La sceneggiatura vanta la presenza di dialoghi ben costruiti ma talvolta tende a cadere in banali cliché americani. La colonna sonora, esageratamente presente, e divisa in due diversi generi, non sempre risulta utile ai fini narrativi e spesso anticipa le scene, allentando la tensione dell’opera.