Una cornice più appropriata e stimolante non poteva fare da sfondo ad una esposizione di Gianfranco Gobbini, l’artista di Città della Pieve (classe 1953), come il Museo Diocesano della Cattedrale di Chiusi, in provincia di Siena (dove esiste una delle testimonianze più emozionanti delle civiltà etrusca e paleocristiana di due catacombe), istituito nel 1932 da mons. Giuseppe Conti, vescovo di Chiusi-Pienza, e ampliato e rinnovato, nel 1984, secondo i moderni criteri museali, durante l’episcopato di mons. Alberto Giglioli.
Qui, i venticinque dipinti che compongono la sua mostra intitolata “Il tempo e il mistero” – curata da Andrea Baffoni – suggeriscono un “viaggio” senza frontiere, nel tempo e nello spazio della memoria fino a “sfidare” il mistero dell’Invisibile, anche grazie al collegamento del museo con il famoso “Labirinto di Porsenna”, luogo affascinante e leggendario capace di far scoprire, lungo i suoi cunicoli i misteri della città sotterranea.
Gobbini non è nuovo al rapporto con la storia, anche per questo il Museo ha optato per la sua opera, avendo già esposto con successo nel 2019 nel prestigioso museo Casa Natale di Giotto a Vicchio nel Mugello, ma in questo caso le opere esposte presentano un percorso eclettico e suggestivo del tutto nuovo e originale anche per lui poiché selezionate e vagliate da una rigorosa riflessione sulla capacità di un emozionante ed emozionato dialogo con
l’antico: un “talvolta stridente, altre straordinariamente affine”, sottolinea il curatore della mostra, “quando l’arte contemporanea incontra la sua origine storica è sempre una forte emozione poiché ci consente di viaggiare nel tempo, alimentando in noi la voglia di comprendere il mistero della creatività, le cui barriere appaiono annullarsi in una straordinaria forza di rinascita”.
Al centro della costante ed appassionata ricerca di Gobbini si conferma quella che è la sua “cifra” creativa, basata su un variegato cangiare cromatico innervato nella sua consueta pittura informale, da cui emergono, con forte vitalità e potenza, forme ancestrali reinterpretate attraversi una penetrante visione della natura; l’energia che ne deriva, il potere evocativo a cui approda Gobbini, anche omaggiando qualcosa che appartiene alla propria tradizione territoriale. L’arte di Gobbini nasce infatti dalla relazione con la lezione dei maestri rinascimentali e in particolare di Pietro Perugino, che proprio a Città della Pieve aveva visto i natali nel 1446: di qui il colore, libero e vitale, di Gobbini, le sue forme dinamiche giocano tra i rossi, blu e gialli in un continuo scambio di tonalità ed effetti cromatici, che – come sottolinea Baffoni – “vivono di una ricerca formale non visibile in prima battuta, ma percepibile nella grammatica interna dell’opera”.

La mostra di Gobbini s’inserisce in un programma ampio di eventi e appuntamenti tra mostre di scultura, fotografia e presentazione di libri, la mostra di Onedo Meacci, fondatore del Museo Diocesano della Cattedrale, che così intende porsi come centro propulsore di arte e cultura in un territorio che si pone come crocevia tra Toscana, Umbria e Lazio, la presentazione del libro “Roma “Roma violata”, di Irene Salvatori, edito da Mursia, la mostra di sculture e ceramiche dell’artista Daniele Covarino nel giardino interno del Museo, e infine, lungo l’affascinante percorso del Labirinto di Porsenna e della Torre Campanaria, una
mostra fotografica di Michele Polverini dal titolo “Larga la foglia, stretta la Via, dite la vostra che io scatto la mia” dalla collezione “La perfezione del Creato”.
Tra le mostre più recenti di Gobbini, a conferma del successo di critica di cui gode il suo lavoro, vale la pena di ricordare, la sua partecipazione alla Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di Parigi (2017) nel Palazzo del Louvre, alla Mostra collettiva “L’Arte come moto dell’Anima” Maschio Angioino Napoli (2018), alla Galleria Art Innovation, Mostra internazionale d’arte Contemporanea Innsbruck alla Biennale Internazionale d’Arte dei Castelli Romani nel Palazzo Ruspoli di Nemi (2019), dove ha ricevuto il Premio Internazionale d’Arte Tintoretto 500.