Paolo Baratta e Alberto Barbera - Foto © Romina Greggio

VENEZIA – Sorridono Alberto Barbera e Paolo Baratta. E fanno bene. A poche ore dalla Cerimonia di Chiusura della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, che ha visto trionfare la favola dark The Shape of Water, l’edizione 2017 del Festival lagunare è già archiviata come un successo.

Commenti entusiasti, pubblico, critica e addetti ai lavori al settimo cielo per un Concorso sopra la media, dei Leoni che non scontentano nessuno (o quasi) e un clima diffuso e confortante di rinascita.

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Tutto vero, verissimo, sacrosanto. Ma è facile, ora, salire sul carro dei vincitori, con un Leone d’Oro già in predicato per gli Oscar, un tappeto rosso sempre pieno di star e una solida attenzione mediatica internazionale. Se non c’è dubbio che la qualità dei film selezionati possa essere altalenante in un Festival, è altrettanto vero che sarebbe consigliabile mantenere una prospettiva più ampia. Ci sono annate buone e altre meno buone, anche per il cinema. E questa è stata buona, anzi, ottima.

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Poi ci sono le scelte: coraggiose, conservative, furbe o lungimiranti. Fanno parte del gioco. Quando funzionano, e l’equilibrio soddisfa stampa e pubblico, produttori e distributori, l’edizione è un successo: si tessono lodi, si rivendicano primati festivalieri e il patrio orgoglio si spreca. Se qualcosa va storto, invece, la carica degli scettici è pronta a rimettere subito tutto in discussione, come sempre, senza appello.

Ma oltre ai film, ai divi, alla risonanza della manifestazione, c’è di più. Ed è questa la vera vittoria di questo festival, arrivata dopo anni di programmazione concreta e strategica. La visione, il progetto sono l’arma vincente del Presidente Baratta e del Direttore Barbera: il successo di questa edizione non è arrivato per caso.

A partire dagli spazi, rinnovati di anno in anno, anche con il contributo del Comune di Venezia, dalla Sala Grande alla Sala Darsena, dal “cubo rosso” della Sala Giardino al nuovo piazzale del Casinò per arrivare al Lazzaretto Vecchio della Realtà Virtuale, l’idea di un nuovo Festival di Venezia è andata costruendosi e fortificandosi nel tempo.

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Qualche passo falso è inevitabile, qualche errore di percorso, persino necessario. Come nel basket però – nel clima di Europei di questi giorni – dove un tiro può essere buono anche quando sbagliato, se costruito bene, anche in un festival come quello veneziano possono esserci piccole battute d’arresto. Ma alla lunga, a pagare sono la caparbietà e la competenza. E in laguna, in primo luogo a Paolo Baratta e ad Alberto Barbera, e ai loro collaboratori, queste sono caratteristiche che di certo non difettano.

E allora guardiamo con speranza e fiducia a un futuro roseo per una Mostra del Cinema costruita su un’identità forte, sulla valorizzazione delle risorse interne e su idee ben chiare che non si accontentano del successo immediato, ma che sono forti di una prospettiva più ampia e all’altezza della storia di questa istituzione.