La SIC della 74° edizione del Mostra del Cinema di Venezia sin conclude come era iniziata, ossia con un evento special fuori concorso. Stiamo parlando di Veleno, di Diego Olivares.
Cosimo, allevatore di bufale per passione, si ostina rifutare a tutti i costi di svendere la sua terra alla famiglia del rampante candidato sindaco. Quando scoprirà di essere malato di cancro in seguito alle conseguenze dello smaltimento illegale di rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi, toccherà alla moglie portare avanti la sua battaglia.
Secondo film italiano alla SIC 2017 e secondo film ambientato a Napoli, Veleno tralascia però la sottocultura neo-melodica per dedicarsi a un racconto di umiliazione e tentativi di riscatto sullo sfondo di una delle più grandi piaghe italiane deliberatamente ignorate per motivi di immediato vantaggio economico: la Terra dei Fuochi di Olivares è un mostro che avanza lentamente e inizia già a fare vittime, Cosimo in primis. Questa denuncia rabbiosa verso le colpe dell’amministrazione si abbatte sul potere, ovviamente, che nel film è incarnato dal giovane aspirante sindaco. Ingenuo e arrogante, quest’ultimo è assisistito dai suoi parenti più stretti, pronti ad approfittare della recente autorità ufficiosa per soddisfare l’avidità personale con il consueto piano imprenditoriale che non guarda agli interessi del paesaggio o della tradizione, abitanti inclusi. Quel veleno eponimo che si diffonde a partire dalla Terra dei Fuochi è, forse in modo un po’ stucchevole, la radice che contamina la terra napoletana, sempre abitanti inclusi. Con semplicità Olivares ci suggerisce che il problema sta a monte, e che ciò che ne segue, i soprusi del potere o il regno dell’imprenditoria sciacalla, ne sono il frutto.
La moglie di Cosimo, interpretata da una Luisa Ranieri veramente in grande spolvero, deve e farsi carico della situazione difendendo il debole incapace di opporsi dinanzi a quanti consideravano di sfruttare la malattia dell’allevatore per risolvere la questione con un colpo di coda. Personaggio caparbio e foriero della tradizione meridionale un po’ come passa al cinema, nel bene e nel male, cioè bigotta, cocciuta, ma anche temeraria, si ritrova a dover affrontare la morte del marito e la crescita di una bimba già orfana prima di nascere in un momento in cui anche la famiglia le si mette contro. Dall’altro lato il sindaco Rino (il noto Salvatore Esposito, salito alle luci della ribalta con Gomorra – La serie) è un perfetto esempio del marcio che a cui sta dando adito la crisi economica e dei valori: idealista all’acqua di rose, ignorante eppure anche lui vittima della frustrazione, nel momento in cui gli viene ricordato sempre più spesso che “homo faber fortunae suae” non vale se la posizione è data dal suocero.
In conclusione, Veleno è un film semplice, quadrato ed efficace nella storia compatta e anche narrativamente complessa (il ritmo è lento ma i fatti si susseguono con regolarità), che, pur non brillando in nessun campo particolare e non comportando una visione raccomandabile a tutti i costi, trova delle solide basi d’appoggio nella discreta potenza emotiva che mette in scena e nei facili nessi metaforici con cui arricchisce la propria struttura.