“Nico, 1988” di Susanna Nicchiarelli

La storia di Nico, dopo Nico

Film d’apertura della sezione Orizzonti, Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli ripercorre a metà tra il road movie e il biopic gli ultimi anni di vita di Christa Päffgen alias Nico, in gioventù musa di Andy Warhol e Lou Reed e che in vecchiaia fu molto più di una celebrità decaduta.

Manchester, 1986. Iniziano gli ultimi tour di Nico in giro per l’Europa, in compagnia di una nuova band e un fedelissimo agente. Passando per Parigi, Praga, Norimberga, il gruppo si affiata e divide alternativamente, tenuto insieme dal fascino complesso della «sacerdotessa della tenebre». Nel corso di quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio, l’artista ritrova se stessa, dedicandosi a costruire un vero rapporto col figlio dimenticato e intraprendere il difficile iter della disintossicazione.

Per omaggiare la memoria di una delle icone più controverse della scena musicale degli anni Sessanta – e non solo – Nicchiarelli ha scelto di raccontare la parte della storia che non tutti conoscono, quella in cui il successo e la collaborazione con i Velvet Underground sono ormai un ricordo del passato, ricorrendo alla fiction e non solo: il film infatti si avvale anche di alcuni filmati di repertorio durante i flashback, che contrappongono “l’età dell’oro” della protagonista al presente.

La vera Nico, in uno scatto con Reed ai tempi del loro sodalizio

In antitesi rispetto alla maggior parte dei film biografici Nico, 1988 è ritratto di una donna ancor prima che di un personaggio: soltanto dopo aver visto la propria bellezza sfiorire e essersi liberata dell’influenza delle personalità che le gravitavano attorno Christa – magistralmente interpretata, anche per quanto concerne la prestazione canora, da Trine Dyrholm, premiata lo scorso anno a Berlino con l’Orso d’Argento per il ruolo di Anna ne La comune – ha potuto conoscere se stessa e maturare uno stile veramente personale.

L’immagine che del periodo viene ricreata sullo schermo è perfettamente verisimile, frutto degli accorgimenti elaborati dalla regista di comune accordo con la direttrice della fotografia Crystel Fournier: l’impiego del formato quadrato, i colori delle luci, i costumi, le ambientazioni, rimandano tutti alla fine deli anni Ottanta del vecchio continente.

Il cast di Nico, 1988 – Foto © Romina Greggio

Come esplicitamente dichiarato in chiusura, la pellicola si avvale delle consuete semplificazioni, aggiungendo qualche personaggio di fantasia all’entourage e ponendo particolare enfasi sugli eventi più drammatici. Va però detto che si registra un eccesso in questa direzione, soprattutto a partire dall’apparizione del figlio Ari – il cui contributo è stato fondamentale per la stesura della sceneggiatura: i dialoghi tra quest’ultimo e la madre sono pervasi di un patetismo da cui fino a poco prima ci si era ben guardati, mentre gli eventi a seguire, riguardanti principalmente i comprimari – la storyline secondaria dell’amore tra la violinista e il chitarrista, la dichiarazione dell’agente, etc. – hanno un che di spiacevolmente romanzato che stride con il tono iniziale del film.

Nico, 1988 procede comunque a un ritmo impeccabile, con un montaggio ricco di ellissi e una continua oscillazione tra passato e presente – e anche, talvolta, tra realtà e illusione. Sebbene veramente apprezzabile solo per chi avesse in alta considerazione il genere biografico, Nicchiarelli riesce a coniugare con successo narrazione cinematografica e intento celebrativo, senza spingersi nel dominio della venerazione.