Brady Corbet, dopo il suo primo folgorante, seppur non perfetto, film, L’Infanzia di un Capo, dove indagava i motivi, le cause, le emozioni che possono plasmare il carattere di un bambino in futuro leader sanguinario, con Vox Lux conduce un’indagine sui tempi moderni.
Preludio, 1999; Atto Primo, Genesi 2000-2001; Atto Secondo, Rigenesi 2017; Capitolo finale. Una voce narrante (Willem Dafoe), dal tono sarcastico e cinico, presenta Celeste con una breve introduzione della bimbetta che già nel 1986 dimostrava di possedere un certo non so che. Nel frattempo sullo schermo, sul volto di Celeste bambina, scorrono già i titoli di coda. Una vita già segnata, una strada predeterminata annuncia la voce narrante.
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Nel 2000 Celeste (Raffey Cassidy) ha 14 anni, l’anno prima è scampata alla morte. Un suo compagno é entrato in classe facendo fuoco con una mitraglietta: una strage. Lei viene gravemente ferita. Sopravvive, portando dentro di sè, tra le vertebre, una pallottola. Durante la commemorazione funebre in onore delle vittime, accompagnata alla pianola dalla sorella (Stacy Martin), Celeste canta un brano da lei scritto. Un testo che diverrà un inno per il popolo americano e che le varrà un contratto con una prestigiosa etichetta e un manager (Jude Law).
Già da giovane si mostra un’arguta e anche aggraziata donna d’affari. Si rende autonoma. I genitori non compaiono praticamente mai. È la sorella Eleonor che prova a starle accanto. Celeste cresce. E crescendo perde l’innocenza. La musica pop, quella che le piace scrivere e cantare perché non fa pensare la gente, le dona successo, ma la conduce all’estremo della sua personalità.
Nel 2017 ha 31 anni (Natalie Portman) e ha vissuto almeno sei vite. È prigioniera di sofferenza, antidolorifici, che prende dalla sparatoria, di alcool, di ansia e paura. I suoi deliri di onnipotenza la portano a sostenere che ci sia una caccia alla streghe nei suoi confronti. Un gruppo di terroristi compie una stage su una spiaggia in Croazia indossando la maschera che lei porta in un suo celebre video musicale. È prigioniera, si diceva. Il collarino che porta intorno il collo per coprire la cicatrice di un evento incancellabile, la tiene costantemente sospesa tra la vita e la morte, nel frastuono di eccessi e di crisi isteriche.
Vox Lux è il nome dello studio di registrazione creato da Celeste. Nonché titolo di questo film troppo ambizioso, se non addirittura pontificale. Perché scegliere la figura di una cantante pop, delirante e isterica, un fenomeno di costume, assuefatta da sostanze chimiche, per descrivere il passaggio tra un secolo e l’altro, il cambiamento della societá? Perché servirsi del punto di vista di Celeste, della sua vita nevrotica, per racconatre mutamenti sociali? Celeste, un diavolo incontrollabile nell’essere incompresa nel suo trauma o simbolo di una società traumatizzata incapace di essere esempio per la futura generazione?
Corbet è sempre molto sicuro quando dirige i suoi attori, la sua regia trova sempre la giusta angolazione. Notevoli la fotografia di Lol Crawley e la colonna sonora con brani originali composti ad hoc da Sia, cantante pop australiana (produttrice del film insieme a Law e Portman).
Ma la sceneggiatura, di Corbet, pecca nel voler imporre una prospettiva della società così critica. Tutto sommato interessante nella prima parte, irrisolta e inconcludente nella seconda, proprio in quella dove lo sviluppo dovrebbe essere decisivo. Ci sembra troppo riduttivo, proprio considerando un finale tronco, scegliere un fenomeno decadente per narrare eventi tragici di tempi bui. Alla fine scorrono a ritroso i titoli di coda. Forse noi abbiamo ancora una possibilità per non scendere a patti con il diavolo?