“El Mosafer (The Traveller)” di Ahmed Maher

Tre storielle non fanno un film

Venezia 66. Concorso
Hassan è un giovane di Port Said che viene a sapere casualmente dell’esistenza della donna più bella della città, l’armena Nura, che sta per far ritorno dall’estero per ritrovare il suo amore, Fuad. Con decisione avventata e temeraria il giovane prende il posto del fidanzato e inizia così una lunga storia di corsi e ricorsi esistenziali, che lo accompagneranno per molte generazioni fino alla fine dei suoi giorni, sempre sotto l’insegna della sua fatale ed infelice infatuazione per la bella Nura.

Ahmed Maher è un giornalista ed insegnante di cinema che ha studiato anche a Roma, e che fra le sue fonti di ispirazioni per questo suo esordio nel lungometraggio cita perfino Fellini. Ben lontano dal maestro romagnolo per questa sua storia un po’ stiracchiata e noiosetta dell’antieroe Hassan ci impone però un numero spropositato di dissolvenze e di carrelli laterali, quasi fosse ancora nelle aule dove insegna cinema, a dimostrare che sa usare gli strumenti del mestiere.

Purtroppo però il nostro non ha il piglio necessario per imprimere una adeguata tensione drammaturgica e suggerire almeno il coinvolgimento di chi si trova in sala a seguire le sue storie, perché per almeno due terzi di questo Viaggiatore ci ritroviamo quasi increduli a dover seguire il balbettio di personaggi inverosimili e ad ascoltare dialoghi di un’ingenuità degni degli albori della storia del cinema.

Non basta neanche un pezzo di storia del cinema come il sempreverde e coinvolgente Omar Sharif a risollevare le sorti di un pastrocchio sentimentale fatto di occhi strabuzzati su presunte agnizioni e grandi sorprese, e di fili narrativi stropicciati come quelli di un tappeto egiziano vecchio di qualche secolo. Sì, è vecchio, inesorabilmente vecchio e sempliciotto questo modo di fare cinema, a meno che non ci si chiami Paradzanov o Tarkovskij, e si sappia imprimere forza ieratica o autorità figurativa alla bella immagine in quanto tale o alla vicenda dall’ipotetico sottotesto simbolico. Qui il volenteroso Maher inanella solo belle immagini che non sono però purtroppo supportate da una narrazione per lo meno plausibile.

Un esempio? Il bel Hassan si finge l’amante della stupenda Nura e praticamente la stupra sul transatlantico dove i due sono in viaggio; all’arrivo del vero pretendente la donna violentata come niente fosse passa nelle braccia del suo vero grande amore, e chi s’è visto s’è visto, stupro o non stupro…Da lì in poi siamo perseguitati da una contorta storiella di generazioni di figli e nipoti che dovrebbe intrecciarsi attorno al filo conduttore del giovane Hassan, il quale diventa lungo i tre episodi storici sempre più anziano, ma non per questo più saggio o onesto.

Come si accennava, solo la simpatia e la verve umana di un buon Sharif, che ci ha quasi ricordato un commovente Nino Manfredi degli ultimi anni, ci ridesta dal tedio piramidale di questo inutile film egizio. Con la sua ricca espressività facciale e con il suo cortese dinoccolarsi da ex-tombeur de femme il buon caro vecchio Omar permette di salvare almeno il terzo episodio e di farne eventualmente un decente e proiettabile (a differenza del film nella sua interezza) simpatico mediometraggio.

Titolo originale: El Mosafer
Nazione: Egitto
Anno: 2009
Genere: Drammatico
Durata: 125′
Regia: Ahmed Maher

Cast: Omar Sharif, Cyrine AbdelNour, Mohamed Shoman, Amr waked, Khaled El Nabawy, Sherif Ramzy
Data di uscita: Venezia 2009