La piazza. Locarno viene colpita da un terribile temporale nel pomeriggio, tutte le 8000 sedie di piazza Grande vengono lavate dall’acqua ma nessuno sembra essere troppo preoccupato. In fondo sono solo le 18. Tutto può ancora cambiare. E infatti alle 21 il cielo è terso e nulla turba la gran festa: la proiezione in prima mondiale Lezione 21 dell’esordiente regista Alessandro Baricco.
Con una pacatezza invidiabile, gli spettatori prendono posto, si asciugano la sedia scelta, si presentano ai vicini e tutti insieme aspettano mentre la telecamera dal palco inquadra e restituisce sul grande schermo i volti della platea che si sbizzarrisce nelle espressioni più diverse e applaude il presidente del festival Marco Solari, i divi dello spettacolo locali e fischia sonoramente Vittorio Sgarbi quando il cameraman gli regala un primo piano.
Poi la serata ha inizio. Si abbassano le luci e Frédèric Maire, direttore del festival presenta il cast del film.
_ Alessandro Baricco può piacere o non piacere come scrittore, ma è oggettivamente un affabulatore di masse, da uomo di teatro qual è sa tenere il palcoscenico e sa dare importanza alle tante persone che in questo caso hanno reso possibile il suo primo lavoro da regista, tutte sul palco insieme a lui, e al sensibilissimo e spesso molto coraggioso produttore italiano Domenico Procacci.
Saluta e avverte: “Preparatevi a vedere qualcosa di strano e rischioso. Preparatevi a sentire una lezione. Anche un po’ pallosa. Tutto quello che verrà dopo sarà regalato!”.
Alla presentatrice che gli chiedeva perché non adattare un suo libro al grande schermo risponde di trovare l’operazione molto difficile (in realtà è un’impresa riuscita solo a Tornatore con Novecento, gli altri hanno tutti fallito).
_ Ma Baricco vuole parlare con il pubblico, lo si intuisce dalla postura del suo corpo, vuole prepararlo e anche spiegare come è stato difficile imparare un mestiere sul campo, quasi che tutti potessero, attraverso le sue parole, vivere insieme a lui l’esperienza: “Magari in un libro descrivi due persone che parlano ad un tavolo e da lì può avere inizio la tua storia. Nel cinema iniziano a chiederti se quel ripiano è tondo o quadrato, che tipo di bicchiere deve esserci messo sopra… Questo per me è stato scioccante!”.
Poi racconta, portandoli in primo piano con lui, come tutti quei corpi e menti alle sue spalle avessero dato vita all’ opera, partendo dagli attori Leonar Watling e Noah Taylor, passando a uomini invisibili ma fondamentali, partendo dallo schivo pescarese Tonino Liberatori (fumettista, qui realizzatore dello storyboard) “che mi ha aiutato a inventare questo film”, Gherardo Gossi “che ha iniziato a vedere il film insieme a me e a vestire i personaggi”, GioGiò Franchini (montatore): “Dovete ringraziare quest’uomo se questo film non dura un’ora e 50 ma un’ora e 30 ed è più bello” afferma a gran voce Baricco, rubando una risata. Poi è la volta di Domenico Procacci: “Avevo scritto questa storia che aveva secondo me una struttura cinematografica ma non sapevo se si poteva fare. Procacci mi disse di sì”; Poggioli, il direttore della fotografia: “’L’uomo che mi ha insegnato di più sul cinema”. E per ultimo presenta il violoncellista Brunello: “Nel film, oltre la Nona, ascolterete anche un quartetto. Volevo che venisse inciso solo per noi e sono andato dal più grande violoncellista italiano. Ha formato il gruppo e sono riusciti anche a suonare quel pezzo come piaceva a me. Il massimo”.
Poi la parola passa alle immagini e mentre Baricco e tutto il suo gruppo prendono posto vediamo che Gabriele Salvatores, rimasto a Locarno dopo la presentazione del suo documentario Petites historias das criancas, scavalca la sua sedia per prender posto nella fila dietro e permettere così a tutto il cast del film di occupare una sola fila.
_ Dietro Salvatores, il regista (del film delle inutili polemiche bondiane Il sol dell’avvenire) Gianfranco Pannone, Gigi Alberto (attore tra gli altri di Mediterraneo e di Nirvana) e poi qualche sedia più indietro anche Sorrentino.
_ Quello del regista è davvero uno dei lavori più belli del mondo se dopo tanti anni nel cinema, hai ancora voglia di sederti in una piazza e salutare con curiosità il debutto di un nuovo collega.
Crediamo che Baricco non potesse desiderare di meglio. Inoltre questa cornice era la più adatta per far risuonare le note di Beethoven e del suo Inno alla gioia. A completare il tutto un cielo completamente tinto di rosa dopo l’imbrunire che sembra essere stato commissionato per l’evento: nel film il maestro di musica viene portato in un piccolo villaggio fiabesco che gli viene mostrato da lontano, poche case tutte rosa dalle quali esce fumo rosa. Hans chiede spiegazione per quell’insolito colore e la sua ‘guida’ gli risponde che quando hanno finito la legna, sono soliti bruciare i bambini. Primo piano di Noah Taylor che, con espressione corrucciata, chiede: “red kids?!?” e si gira per rincorrere il suo accompagnatore.
Alla fine della proiezione non c’è stata un’ovazione, anche Sorrentino e Salvatores, seduti come tutto il rispettosissimo pubblico fino alla fine di tutti i titoli di coda, sono rimasti in silenzio per diversi minuti, perché si tratta di un ottimo lavoro, ma che bisogna seguire attentamente e che forse deve anche essere metabolizzato. Forse va rivisto più volte e pian piano tutti i tasselli potranno andare al loro posto. E una tale magia, dopo alcune opere di Kubrick, è capitata a poche pellicole.