Convincente esordio alla regia dell’ex attore taiwanese Yen Cheng-kuo, Gatao 2 – Rise of the King risponde a tono alla tradizione del gangster movie hongkonghese, alla quale di fatto aggiunge poco o niente di nuovo riuscendo però a mantenere sempre alta la qualità dell’adrenalina e degli stunt.
Il capo mafioso Ren – Wang Shih-hsien – aspira a estendere la propria influenza su tutta la zona settentrionale di Taipei, ma dal passato è tornata una vecchia conoscenza, tale Jian – interpretato dal “famigerato” Collin Chou, noto anche al pubblico occidentale per i suoi ruoli negli ultimi due capitoli della trilogia di Matrix –, il quale si fa arrestare apposta per tornare in prigione e recuperare i contatti per costruire un impero in grado di rivaleggiare con quello di Ren. A distanza di tre anni Jian sembra essere quasi riuscito nel suo intento, ma a Ren la cosa non va giù ed è guerra.
Non bisogna lasciarsi ingannare dal numero del titolo: il legame con il primo Gatao (2015) diretto da Joe Lee è più che altro spirituale e si esplica in forma di omaggio in alcune sequenze – quella del funerale del grande capo all’inizio, per esempio. Ovviamente anche il nucleo speculativo rimane invariato: nel corso del film si fa un gran parlare di cosa significa appartenere a un gatao – una famiglia più che una semplice gang – e di come il profitto abbia corrotto le regole non scritte che vigevano al suo interno.
Ma a differenza del primo capitolo, quello diretto da Yen si perde molto meno in sentimentalismi e parte subito in quarta, con la sequenza al rallentatore dell’uccisione del boss alle terme, in cui la macchina da presa scivola sulle schiene tatuate e i corpi atletici degli assassini prima che il sangue inizi a scorrere nella vasca – andando alla fine a comporre il motivo del taijitu sulla superficie dell’acqua. Il suo forte sono le scene di folla, in cui orde di teppisti armati di mazze si affrontano senza esclusione di colpi, piuttosto che le posticce e un po’ ridicole sparatorie.
A metà il film raggiunge il suo apice, con la spettacolare sequenza della festa e dell’uccisione a colpi di machete dello scagnozzo tossicodipendente, ma poi cede al vizio del precedente. Un agguato andato a vuoto – che poteva essere un buon espediente per togliere di mezzo i personaggi non funzionali all’epilogo – si traduce in una scelta narrativa insolita, quella dell’esilio di un membro della banda di Ren con conseguente suicidio dello stesso per una mancanza di prospettive. E se da un lato si fa un gran piangere dei pesci piccoli, dei pesci grossi non si parla affatto: per buona parte della pellicola Ren e Jian non fanno che ripetersi quanto siano profondamente legati, ma a parte un flashback a pochi minuti dalla fine – non poteva esserci tempismo peggiore – non ci viene dato nessun elemento per capire da dove questa fratellanza provenga. Ne consegue che tutta la deontologia del gangster che informa i dialoghi è esautorata perché priva di un precedente tangibile per lo spettatore.
Gatao 2 – Rise of the King resta comunque un prodotto godibile che lascia intendere le grandi capacità di Yen. Ci auguriamo senz’altro di sentire ancora parlare di lui, nella speranza che nei prossimi lavori il superfluo venga limato con più decisione.