Dopo aver debuttato alla Berlinale nel 2019 Oray (opera stratificata sulla fede e sull’amore di una coppia di seconda generazione all’interno di una comunità islamica in Germania), il regista tedesco Mehmet Akif Büyükatalay scrive e dirige una storia che racconta nuovamente le generazioni di migranti in Europa. Il genere narrativo scelto è un teso thriller cospirativo o politico sul potere delle immagini e sulle dinamiche della percezione, della proiezione e dell’isteria sociale.
Sul set di un film tedesco che racconta una storia una vera, un crimine razzista avvenuto in Germania nel 1993, a Solingen, in particolare un incendio doloso che ha portato alla morte di cinque rifugiati turchi, tre dei quali erano bambine, viene bruciato un Corano per una sequenza. Un gruppo di musulmani, comparse nel film, grida alla blasfemia. Il regista Yigit, non di fede islamica, ma turco, sostiene che la sua storia deve provocare e deve essere raccontata in questo modo. A farne le spese del caos in cui viene gettata l’intera produzione è la giovane assistente alla regia, Elif, anche lei di origini turche. Su di lei sembrano piombare le prove di boicottaggio del film.
L’ Hysteria del film è un meccanismo a combustione lenta. La produzione cinematografica, cast tecnico e cast di attori, ognuno scritto con sfumature decise, è un microcosmo che vuole rievocare la cronaca quotidiana tedesca, la vita degli immigrati e rifugiati musulmani.