Con il suo La storia del Frank e della Nina, presentato nella sezione Orizzonti Extra a Venezia 81, Paola Randi ci porta nella sua Milano con una commedia dal sapore favolistico e a tratti fumettistico ambientata dentro e fuori la Circonvallazione. Quella che ci viene raccontata è, per l’appunto, la storia di Frank e Nina (interpretati da Samuele Teneggi e Ludovica Nasti): un ragazzo che per vivere vende compiti fuori da un liceo e una giovane, appena quindicenne, già madre e prigioniera di un matrimonio forzato con un marito violento.

A raccontarci la storia del Frank e della Nina c’è Carlo, detto Gollum (Gabriele Monti), terzo elemento di questa “combo” di amici per la pelle, nonché narratore come voce fuori campo che accompagna ogni singolo passaggio del film. Curioso, perché Gollum, in realtà, non parla, con le parole che gli si strozzano in gola e con l’arte dei graffiti come principale mezzo di espressione.

Del film di Paola Randi si apprezza l’intenzione, l’autenticità, e la voglia di portare al pubblico un singolare racconto di formazione che mette al centro la ricerca di un proprio posto nel mondo da parte dei tre protagonisti. Gollum, Frank e Nina, ciascuno con le proprie difficoltà, vivono di un desiderio di libertà e realizzazione, fuori dalle costrizioni e da un contesto che tarpa loro le ali. Accomunati dal sogno di un futuro migliore, i tre vivono immersi in una Milano dai tratti futuristici e dagli spazi ampi, rappresentata tanto come lo spazio ideale per i sognatori quanto come una gabbia da cui fuggire. Ed è proprio il racconto per immagini della città uno dei maggiori punti di forza del film di Paola Randi, che vive di ampi spazi e che sembra far respirare i luoghi che fotografa e mette in scena.

Ma se da un lato non si può non riconoscere alla regista e sceneggiatrice un certo gusto per la commedia surreale e per personaggi che appaiono come degli imperfetti supereroi moderni, dall’altro alle buone intenzioni e a un certo cuore non fa riscontro una riuscita del tutto convincente del film nel suo complesso. La storia del Frank e della Nina soffre anche per la presenza fin troppo ingombrante della voce fuori campo, che commenta ogni passaggio e che finisce in qualche modo per distrarre e per sottrarre potenza alle immagini.