Anche io: “me too”. Una espressione che ormai conosciamo dalla cronaca e che fa parte della nostra storia recente. È stato il primo, concreto modo di sconfiggere la pseudo cultura patriarcale che da almeno duemila anni considera le donne esseri per lo più inferiori, generalmente al servizio del maschio e preferibilmente del soddisfacimento dei piaceri fisici di costui.
Questa pellicola mostra come l’inchiesta del New York Times, condotta nel 2015 da Jodi Kantor e Megan Twohey, due giornaliste coraggiose e determinate, portò alla scoperta di una incredibile serie di abusi sessuali contro le donne. “Sono per lo più attrici, dunque potrebbero farsi notare anche senza il nostro aiuto” è una delle obiezioni.” Ma invece no: “Se ciò è potuto accadere a donne così esposte come le attrici, di certo altrettanto e anche peggio accade a donne in qualunque altro àmbito di lavoro”.
Le due reporter, qui magistralmente interpretate da Zoe Kazan e Carey Mulligan, scrissero il loro memoriale nel 2019 e su tale testo si basa il film.
Quell’evento rivoluzionario si sviluppò non solo grazie alla professionalità delle due giornaliste e al supporto che fu dato loro dal NYT, ma anche perché furono un po’ detective e un po’ psicologhe e seppero catalizzare intorno a se la fiducia e la confidenza di moltissime testimoni. Soprattutto hanno capito quanto possa essere fondamentale e dirompente la solidarietà femminile.
“Non si era mai visto – racconta la regista Maria Schrader – un film di giornalismo investigativo con due donne protagoniste: è stata la risposta al femminile di “Tutti gli uomini del Presidente”.
“Il mio passato da attrice – prosegue Schrader– mi ha aiutato molto e dunque non ho avuto difficoltà a mettermi in contatto con le tante attrici e raccogliere le loro testimonianze. Sono state realizzare tante interviste, anche se molte sono rimaste anonime. Poche hanno accettato di comparire come loro stesse: Ashley Judd, per esempio, e Gwyneth Paltrow, che compare però solo in audio.”
Ma le due giornaliste erano anche madri e mogli e la regista si mette dal loro punto di vista, calandosi nella loro vita quotidiana: una vita di parità nella ripartizione delle responsabilità con i compagni di vita, senza mai nemmeno uno di quegli insopportabili scadimenti nella melensa retorica della madre che si sente colpevole verso la famiglia “perché lavora tutto il giorno fuori”.
Dunque un film realizzato in modo assolutamente impeccabile, con ritmi perfetti e scene incalzanti, realistico quanto basta e mai retorico o banale, è uno di quei film che devono assolutamente essere visti, sia da femmine sia da maschi, per capire come confrontarsi e rispettarsi reciprocamente.
La cinquantottenne già attrice e ora straordinaria regista di Hannover Maria Schrader è alla sua terza regia, dopo l’interessante Unorthodox e l’originalissimo I’m your man.
Presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival 2022.