Dopo Pin cushion e Il cratere la SIC 2017 della 74° Mostra del Cinema di Venezia vede la prima proiezione di Temporada de Caza, un racconto di formazione e di superamento del lutto.

Ernesto è un guardacaccia rispettato che vive in un tranquilla regione rurale della Patagonia con la seconda moglie e figli momentaneamente costretto a ospitare il figlio Nahuel avuto con la prima moglie, morta prematuramente. Nella natura ostile, il rancore cederà il passo a una possibile apertura frai due.

Il primo lungometraggio della giovane regista argentina è un’opera che mira a raccontare uno dei lassi di termpo più significativi della vita di Nahuel, quando, dopo aver perso la madre per una malattia, deve trasferirsi dalla casa del patrigno a Buenos Aires alla casa di campagna del padre biologico. Questi è un uomo integro che crede nella disciplina e nelle gerarchie, che sin da subito si scontra con Nahuel a causa del temperamento violento e aggressivo di quest’ultimo.

Procedendo con calma, giorno dopo giorno, il conflitto si acuisce, quando ciascuno dei due sembra imporsi sull’altro, cercando di affermarsi. Nahuel è disperato e trova conforto solo in un vecchio video di lui e la madre, mentre Ernesto è inizialmente incapace di scusarsi o aprirsi. La Patagonia e le sue steppe selvagge e innevate sono il paesaggio che fa da sfondo alla vicenda, terre che spingono per natura alla solitudine, all’isolamento.

Per Ernesto ciò significa un completo ribaltamento della situazione contingente, se prima era isolato e in pace adesso deve necessariamente confrontarsi con quel passato che si era lasciato alle spalle, passato incarnato dal figlio che non riesce a perdonarlo, avendo bisogno di un nemico. Ed è sempre questo enorme deserto a spingere i due a doversi rapportare: persi in se stessi e rancorosi verso l’altro per il ricordo che rappresentano, Ernest e Nahuel riescono a superare i conflitti grazie all’ammissione di questa solitudine, e la presa di coscienza di dover intraprendere un percorso duale e inter-dipendente per superare lo scontro, anche fisico, violento, frai due.

I topoi sono quelli del classico film di formazione, che vede il giovane sperduto totalmente incapace di esprimersi in primo luogo e poi di integrarsi cercare sfogo nella violenza, perchè Nahuel non sa come reagire al bacio di una ragazza o alla battuta di un amico, avendo varcato una soglia che lo obbliga a rivalutare ogni cosa vissuta, ogni pensiero alla luce della perdita. Con la tecnica della camera a mano Garagiola segue la coppia di protagonisti nelle loro attività giornaliere, catturando i rumori dell’ambiente come a volerli fondere con il contesto. Fondersi con il contesto è la strada per Nahuel per superare il lutto, ha bisogno per una volta di avere qualcosa da fare, di una dimensione ritualistica in cui trovare rifugio, che essa sia spaccare la legna, svolgere attività di pattuglia o cacciare, in modo da silenziarsi, da confrontarsi un’altra volta con la morte.

In conclusione, Temporada de caza è un esordio ottimale, con tutte le caratteristiche che fanno presagire possibili sbocchi autoriali. Misurato nei movimenti, di macchina e in generale, e nella messa in scena, con un montaggio leggero e tempi dilatati, costituisce un racconto formante sincero ed emotivamente potente, nella sua classicità. Il primo gran guizzo della SIC di quest’anno.