In Parallelo con l’esposizione di Palazzo Grassi a Venezia, la città di Padova dedica al geniale ed eccentrico pittore catalano una mostra di incisioni ed oggetti di oreficeria che ne testimoniano il talento poliedrico e la sconfinata immaginazione.
La piccola ma interessante mostra ospitata dal Museo del Santo a Padova è la dimostrazione di un dato di fatto che nessuno potrà più ignorare: Salvador Dalì è stato un artista dalle capacità tecniche e dalla creatività incontenibili, perfettamente in grado di gestire le tecniche più varie, di farle proprie e di piegarle ai propri scopi (ricordiamo che fu anche scrittore, scultore, regista ed autore teatrale). Egli è riuscito a regalare attraverso una tecnica antica, e a volte considerata minore, come l’incisione, dei piccoli capolavori di semplicità e carica immaginifica.
I lavori esposti, che comprendono opere realizzate tra gli anni ’60 e gli ’80, richiamano alcune delle tematiche preferite del pittore, il quale solo in maniera riduttiva può essere definito surrealista.
Abbiamo quindi Don Chisciotte, il mondo del circo, la tauromachia, dove il torero scintillante di colori affronta un toro più nero della notte, la rivisitazione dei miti antichi, i paesaggi misteriosi, in cui si aggirano pontefici e cavalieri, o i paesaggi degli Stati Uniti, paese dove il pittore visse a lungo dopo essere scappato dall’Europa durante la seconda guerra mondiale. Ci sono poi anche le pregevoli illustrazioni originali di due libri: Tristano ed Isotta ed Alice nel Paese delle meraviglie.
Anche in queste opere si può ammirare il tocco veloce del maestro, le sue figure che a volte sembrano quasi rinascimentali, come ad esempio i bellissimi cavalli, e che altre volte stupiscono per la loro doppiezza e modernità.
Una curiosità è il duplice ritratto di un altro grande spagnolo, Pablo Picasso, rappresentato con le fattezze di Napoleone ed ironicamente intitolato: “Anch’io ho conosciuto l’imperatore”.
Ma il soggetto più ricorrente è quello della metamorfosi, della contaminazione tra regni: ci troviamo di fronte ad illustrazioni di frutta e fiori tanto minuziose che sembrano tratte da un’enciclopedia, ma dove cogliamo delle anomalie così perfette da sembrare naturali. Il fatto è che siamo veramente entrati in un altro mondo, e ci troviamo di fronte non a dei fiori, ma a dei FlorDalì: gigli grammofoni, alberi che si trasformano nel sistema venoso, pompelmi erotici e pere col buco ci proiettano nel cuore di un arte sognante eppure tanto controllata da risultare, secondo alcuni critici, una vuota esibizione di tecnica fine a se stessa, opera di un abile artigiano, un uomo più scaltro che geniale.
Senz’altro si può dire che egli fu uno dei primi pittori ad essere consapevole dell’importanza della pubblicità e della capacità dell’artista di catalizzare attorno a se l’attenzione dei media, ricorrendo a gesti e dichiarazioni provocatorie e plateali.
Ma soprattutto Dalì fu un uomo che fece della sua vita un’opera d’arte, ricca di sfide e contraddizioni, e che plasmò ogni sua creazione in base ai suoi pensieri, al suo vissuto.
Si può affermare senza esagerazione che il soggetto preferito delle opere di Dalì fosse Dalì stesso. Questo culto un po’ magico ed un po’ ironico per la propria persona è ben osservabile davanti alle monete d’oro recanti l’effige sua e della compagna della vita, Gala; monete utilizzate anche per realizzare i famosi “Dalì d’Or”, amuleti, specchi ed altri oggetti che sembrano venire da una misteriosa civiltà estinta, in cui si adorava come un dio un uomo curioso dai baffetti a punta.
DALÌ IL DIVINO ILLUSTRATORE
Padova, Museo al Santo
26 settembre – 14 novembre 2004
orari: 10.00-13.00 / 15.00-19.00
lunedì chiuso
Ingresso libero