“Elegia” di PAOLO CONTE

Quando esce un disco di Paolo Conte è sempre un grande evento discografico, tanto più che sono passati ben nove anni dall’ultimo album di canzoni inedite (Una faccia in prestito, 1995). Incurante delle mode e dei ritmi imposti dall’industria dello spettacolo, Conte offre un’opera squisitamente retrò, dove si ritrovano le sue piccole/grandi ossessioni musicali e la sua squisita ironia. E un senso della melodia degno dei più grandi compositori del Novecento.

“Avevo una passione per la musica / di ruggine / nerastra tinta a caldo di caligine / metropoli / le tentazioni andavano e venivano / cosa faro di me?” Con queste parole si apre Elegia, e l’orecchio cade subito nell’incantesimo delle parole colte e del violoncello assassino di Andrea Agostinelli. Non c’è niente da fare: Paolo Conte sa come catturare l’attenzione dell’ascoltatore, e lo fa in modo sempre sorprendente e genuino, a testimoniare che alla bella età di 67 anni si possono ancora provare e dare forti emozioni. Quello che non finirà mai di sorprendere in questo straordinario musicista è il senso della melodia e dell’armonia, così semplici e immediate, e allo stesso tempo così spiazzanti. Gli arrangiamenti risentono del clima afroamericano sentito già in Razmataz, con l’aggiunta di Maurice Ravel e César Frank, cioè quel gusto pianistico post-romantico a cavallo tra l’Otto e il Novecento. Il risultato è allo stesso tempo raffinato e semplice, elegante e immediato. Le linee melodiche più vistose vengono affidate a violini, violoncelli, clarinetto, sax; il pianoforte è sempre presente, e ci gioca attorno in modo discreto ma determinante. A condire il tutto, l’intramontabile ironia del cantautore astigiano, velata a volte da una sottile malinconia: Elegia, La casa cinese, Chissà, La nostalgia del Mocambo sono pensieri rivolti al passato e spesso intrisi di tristezza. Il regno del tango è la storia agrodolce di un piccolo suonatore di bandoneon (e un omaggio implicito ad Astor Piazzolla), mentre Bamboolah e Sonno elefante sono semplicemente stupende (in particolare, la seconda contiene una parte di chitarra da brivido suonata dal bravissimo Daniele Dall’Omo). Come bozzetti dai colori vivaci o piccoli ed elaborati soprammobili orientali, tutti i brani durano meno di 4 minuti, per un totale di poco più di 40 minuti di musica. Un pezzo di storia della canzone italiana e l’occasione impedibile di ascoltare un disco di livello artistico assoluto. Insomma, un disco caldamente consigliato!

Sito ufficiale dell’artista: www.paoloconte.it