Dal 1 al 17 luglio al Globe Theatre di Villa Borghese a Roma è andata in scena La Tempesta di William Shakespeare. Il teatro, remake fedele di quello elisabettiano del ‘600, da otto anni ospita una stagione estiva shakespeariana in una cornice estremamente suggestiva. Il pubblico siede a terra in platea e si affaccia da gallerie costruite in legno; solo l’esperienza di poter vivere di fantasia una modalità di fruizione di altri tempi paga il prezzo del biglietto, tra l’altro più che onesto considerando l’alta qualità dell’offerta.
In attesa dell’inizio dello spettacolo c’è tempo per osservare la scena dato che non ci sono sipari sul palco elisabettiano. Drappi di tessuto grezzo e funi sono gli unici elementi presenti. Chi conosce la trama sa che si apre con la scena di un naufragio, dunque tali semplici elementi risultano consoni. Ciò che felicemente sorprende è come questi diventino la grotta di Prospero e i boschi dell’isola solamente grazie a giochi di luci e fumo, ai quali si unisce l’uso magistrale di un velatino per le scene in interna. Velatino e fumi in particolare conferiscono un’aura magica, quasi spettrale all’intero spettacolo, aiutando efficacemente quella voce di altri mondi con cui Prospero (Giorgio Albertazzi), il “burattinaio” della situazione, tira le fila dei destini degli sventurati sulla sua isola.
Le voci sono di fondamentale importanza per la regia di questa Tempesta, e infatti sono amplificate con radiomicrofoni ed effettate a seconda del personaggio e della situazione. Inizialmente risulta strano assistere ad uno spettacolo di prosa, per giunta un classico, in cui gli attori sembra che non parlino con le proprie voci. Addirittura si riconosce la voce del doppiatore di Robin Williams, qui Antonio il fratello di Prospero (Carlo Valli). Ma già dopo la prima scena si apprezza questa soluzione, una trovata che, soprattutto nel caso dei personaggi meno “umani” come Ariel e Calibran, rende ancora più abissale le ambientazioni.
Oltre che dai radiomicrofoni, il taglio da musical viene conferito dagli studiati movimenti di scena, soprattutto in apertura in cui il naufragio merita di essere considerato una vera e propria coreografia. Oltre ai 13 attori si esibiscono infatti anche 6 ballerini, cornice importante soprattutto nelle scene con Ariel in cui idealmente il “manovrare” i sentimenti e le azioni dei personaggi si trasferisce fisicamente nei gesti studiati degli aiutanti danzanti. Melania Giglio, interprete di Ariel, è sicuramente l’attrice più applaudita dopo Albertazzi, e a buon merito si deve ammettere. Più che con la voce che come si è detto è elettronicamente modificata, la Giglio dona magia al suo personaggio grazie ad un linguaggio del corpo davvero espressivo. Inoltre, l’intesa ammirevole che ha con i ballerini suoi suddetti porta lo spettatore a credere veramente che siano spiriti più che corpi in carne ed ossa.
Altro punto di pregio della resa sia registica che recitativa sta nelle scene comiche con Trinculo, Stefano e Calibran. Che i pezzi comici di Shakespeare siano esilaranti è cosa risaputa, e in questa occasione gli attori sono dei professionisti della risata sottile e a volte inaspettata. La scelta di far recitare Trinculo (Marco Simeoli) in dialetto napoletano può risultare macchiettista inizialmente, ma in effetti è grazie alla sua parlata che si raggiungono gli effetti comici più alti. Sicuramente il traduttore, Agostino Lombardo, ha voluto richiamare La Tempesta di Eduardo De Filippo con la sua scelta linguistica, e lo spettatore che conosce questa versione partenopea del 1983 apprezza l’omaggio.
Raggiunto il picco qualitativo, il quinto ed ultimo atto allenta tutte le tensioni e lo fa in maniera forse un po’ frettolosa. Quella che fino a pochi istanti prima si era creduto essere la costruzione calcolata di una vendetta si trasforma in placida rivincita. Il personaggio shakespeariano di Prospero non si può definire come un malvagio stregone, ma nella resa di Albertazzi forse prende un po’ troppo le sembianze del padre buono che tutto perdona. La trama si scioglie dunque con la perdita del pathos che tanto bene era stato creato e accresciuto durante il corso dell’intero spettacolo, ma nonostante ciò usciamo più che soddisfatti da questo tempio che per una sera ci ha fatto vivere in un’altra era.
1 – 17 luglio 2011 ore 21.15
Globe Theatre, Villa Borghese, Roma
LA TEMPESTA
Regia: Daniele Salvo – Traduzione: Agostino Lombardo – Produzione: Politeama Srl – Scene: Alessandro Chiti – Costumi: Gianluca Sbicca in collaborazione con Susanna Proietti – Musiche originali: Marco Podda – Collaboratori ai movimenti: Eugenio Dura, Vasco Giovanelli – Aiuto regia: Alessandro Machia – Assistente alla regia Edoardo Zucchetti – Assistente scenografa: Fabiana Di Marco – Disegno Luci: Umile Vainieri – Disegno Audio: Franco Patimo
Interpreti: Prospero: Giorgio Albertazzi – Stefano: Marco Bonadei – Ferdinando: Tommaso Cardarelli – Miranda: Roberta Caronia – Alonso (Re di Napoli): Massimo Cimaglia – Sebastiano (suo fratello): Pasquale Di Filippo – Caliban: Gianluigi Fogacci – Ariel :Melania Giglio – Francesco / Capitano: Alessio Sardelli – Adriano / Nostromo: Daniele Sala – Trinculo: Marco Simeoli – Antonio (fratello di Prospero): Carlo Valli – Gonzalo: Virgilio Zernitz – Marinai/Spiriti/ gentiluomini: Eugenio Dura, Vasco Giovanelli, MircoBoscolo, Roberto Colombo, Valeria Brambilla, Freddy Regazzo
Durata: 150 minuti